Grazie ad un agile ma interessante libricino sul rock blues, edito da Giunti e curato da Mauro Zambellini, sono andato alla riscoperta di alcuni misconosciuti artisti che si sono dedicati a questo genere musicale tipicamente da dinosauri .
Il primo recupero è caduto su John Campbell, spigoloso (nel carattere) chitarrista e cantante, nato nel 1952 in Louisiana e prematuramente morto a soli 42 anni per un attacco cardiaco sopraggiunto mentre dormiva nel suo letto, in un appartamento a New York City.
One believer è il suo album del 1991, segue l'acclamato esordio di A man and his blues ed è un opera che, pur restando nella sua cifra stilistica iniziale ( il blues appunto) , si muove in altre oscure direzioni, quelle di norma battute dalle ballate più notturne di gente come Nick Cave, Tom Waits, Willy De Ville e Johnny Cash.
L'apertura è per il blues elettrico Devil in my closet, stile alla Elmore James e liriche che vestirebbero alla perfezione un brano di Robert Johnson, Angel of sorrow e Wild Streak invece potrebbero stare dentro Murder ballads del King Ink (che uscirà diversi anni dopo il disco di Campbell).
E' facile cadere nella capziosità dell'allegro rock and roll di Couldn't do nothing, che distrae con la spensieratezza del sound fifties ma l'accompagna con un testo del tutto adeguato al resto del mood del disco ( I couldn’t do nothin’ but sit down on the road and cry ).
Person to person è l'unica cover del disco, ed è giustamente un tributo a Elmore James mentre Take me down è il classico lentaccio blues che ha come tema conduttore il diavolo che reclama la tua anima.
Da riscoprire.
1 commento:
oh sì sì. uno fortissimo.
è un po' che l'ho lasciato da parte, in effetti..
Mau
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