lunedì 8 marzo 2010

La regina dei castelli di carta


Come nel capitolo finale de Il Signore degli Anelli, anche per La regina dei castelli di carta, conclusione della Millennium Trilogy, buona parte del racconto è lasciata alla formazione e agli schieramenti delle truppe del bene e del male. Da una parte i nemici di Lisbeth Salander, quelli che già l'avevano perseguitata per coprire uno scomodo segreto legato al controspionaggio svedese, e dall'altra le forze che riesce a coagulare Mikael Blomkvist, l'intrepido giornalista che ormai ha fatto della salvezza della giovane cyberpunk una ragione di vita. Le fazioni si organizzano, reclutano soldati, cospirano, si preparano alla battaglia decisiva, che è il processo di Lisbeth, gravemente ferita e ricoverata in isolamento in ospedale.

Tra le 850 pagine del libro Larsson trova anche il tempo di spiegarci come funziona la separazione dei poteri in Svezia, e leggendo della sacralità del valore dell'independenza tra giudici e politica viene spontanea una riflessione sulle vicende italiane, e alle nostre ripetute invasioni di campo. Poi ovviamente ci sono le nuove conquiste amorose di Blomkvist, le vicende della redazione di Millennium, un attacco sotto forma di stalking per Erika Berger e l'improbabile rete mondiale di hacker della Salander.
Anche in questo volume i due protagonisti principali sono divisi e non entrano direttamente in contatto, ognuno impegnato in una parte decisiva della battaglia.

Lo scrittore svedese risolve con un buon colpo di scena la questione Zalachenko (padre di Lisbeth e personaggio cruciale in tutta la storia), mentre per altri aspetti del racconto indugia a volte davvero troppo, continuando in pratica fino all'ultima pagina ad inserire personaggi ed introducendoli spesso con un evitabile resoconto della loro vita fino a quel punto. Sbanda un pò in qualche curva la macchina narrativa di Larsson, ma tutto sommato arriva al traguardo.

Si può dire in conclusione che, mentre Uomini che odiano le donne è una storia a se stante, per stile, trama e conclusioni, i successivi due capitoli della trilogia vanno necessariamente letti insieme, per la continuità della storia, vista la conclusione con un cliffhanger del secondo, e per l'intreccio da spy story che li caratterizza.
In quest'ultima parte inoltre, l'autore aggiunge un genere al ricco bouquet che aveva caratterizzato tutta la vicenda dei suoi protagonisti, oltre al thriller, il poziesco, l'avventura, lo spionaggio e la denuncia sociale, Larsson ci mette il carico del legal drama, con una conclusione processuale della vicenda in stile Perry Mason.

Il giudizio definitivo sull'opera complessiva è pertanto altalenante. Si comincia benissimo con il primo volume, il livello scende molto con il secondo e si recupera qualche punto con il terzo e ultimo (in tutti i sensi) sforzo di Stieg. Sicuramente va dato merito allo scrittore svedese di aver creato un mondo e di averlo popolato di personaggi e di luoghi che sono entrati nell'immaginario collettivo di milioni di lettori, così come capita solo ai grandi autori, nonchè di aver letteralmente sdoganato la letteratura svedese d'intrattenimento alle masse europee. Basta questo per dire che Stieg Larsson sia un grande scrittore? Probabilmente no,ma la sua storia personale(giornalista impegnato, ha scritto saggi sulla democrazia e sui movimenti di estrema destra, quelli della trilogia sono gli unici romanzi che ha mai scritto, muore subito dopo aver scritto La regina dei castelli di carta) è sicuramente tra le più particolari e avvincenti della letteratura popolare moderna.
Talmente singolare da dubitare quasi sia reale. Naaaa...ma questo è impossibile.

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