lunedì 16 maggio 2011

Ryan Bingham's blues






In ambito lavorativo non riesco a pensare ad una figura più spregevole del “tagliatore di teste”. Sono quei professionisti, in genere consulenti esterni, che arrivano nelle aziende in crisi, occupano per un po’ un ufficio e spuntano una lista di nomi da colloquiare con l’obiettivo, beh, di comunicargli il licenziamento.
Se però ci si mettono gli americani a fare un film su una figura così, allora cambia tutto, la visione si allarga, il ruolo di protagonista (Ryan Bingham, omonimo assoluto del cantante roots) è affidato a Gorge Clooney e tu capisci già dall’inizio che parteggerai per lui e non per le vittime del sistema buttate senza preavviso in mezzo ad una strada con un cartone tra le mani, sul modello Lehman Brothers.

Ryan Bingham è dunque un professionista del licenziamento, sa gestire ogni situazione gli si presenti davanti nei colloqui, porta sempre a casa il risultato. E’ affascinante, single entusiasta, fa collezione delle più prestigiose carte di fedeltà di alberghi e compagnie aeree e “ha in mente un traguardo molto ambizioso”, in fatto di miglia volate. E’ nel cielo infatti che vive, in misura maggiore che a terra. Tiene anche corsi su come gestire la propria esistenza “per sottrazione”, fino a far stare metaforicamente tutto quello che serve in un piccolo zaino.

La narrazione degli eventi fila via che è una meraviglia nella prima parte, poi esplode la crisi economica mondiale, entrano in scena una giovane e ambiziosa collega e il matrimonio della sorella di Bingham e con l’inevitabile introspezione che ne segue forse il giocattolo s'inceppa un pò. Oppure irrompe la realtà, ad ognuno il suo giudizio.
Il film riserva comunque alcune scene davvero da antologia, come il confronto tra le carte premio durante il primo incontro tra Ryan e Alex, un'affascinate dirigente d'azienda che diventa la sua amante.

Alla fine, proprio quando avevi cancellato dalla tua mente l'iconografia classica del licenziatore stronzo e l'avevi sostituita con quella del solitario e a suo modo idealista Clooney, gli autori si divertono a distruggere in mille pezzi il suo piccolo, rassicurante mondo perfetto, lasciando che una leggera ma subdola inquietudine si insinui sottopelle mentre osservi scorrere i titoli coda.

Ma poi ripenso al tagliatore di teste che ho conosciuto davvero nella mia vita e le cose tornano al loro posto. Questo tizio è arrivato nella mia azienda qualche anno fa. Aveva una settantina di anni, un nome che ricordava quello di una marionetta napoletana,l’alito pestilenziale e somigliava ad Enzo Cannavale, solo in forma diabolica. Per dire, eh. Altro che George Clooney.

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