sabato 28 maggio 2011

Free will

A 62 anni è improvvisamente morto Gil Scott-Heron, il musicista americano che ha creato una nuova forma di comunicazione musicale, uno spoken word che ha contribuito agli inizi dei settanta a gettare le basi del rap (la cui degenerazione più tardi sarà da lui aspramente criticata), ma che si è misurato anche con il jazz, il soul e il funk. I suoi testi vengono semplicisticamente definiti "di denuncia". E lo erano, sì. Contro il perbenismo della società americana, i media, la politica, il razzismo, l'ottusa ignoranza. A più riprese scaricato dalle major, era tornato a registrare proprio l'anno scorso un nuovo album (I'm new here) dopo oltre dieci anni di silenzio. Il suo album d'esordio del 1970, Small talk at 125th and Lenox conteneva anche il suo pezzo più celebre, The revolution will be not televised.
Io l'ho conosciuto abbastanza tardi, quando ho cominciato ad allargare i miei orizzonti musicali ed ascoltare i pezzi di storia musicale che andrebbero insegnati alla scuola dell'obbligo. Non era la mia tazza da tè, ma che te lo dico affà, rispetto ai massimi livelli.
RIP.






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