venerdì 11 giugno 2010

Way down in the hole




L’incazzatura e il senso d’impotenza nei confronti di questo governo hanno raggiunto da tempo livelli tali da sfociare in una forma di frustrazione che mi blocca, mi intrappola le parole in gola (o nella tastiera del pc), mi fa sentire, me e le mie idee, futili, di fronte a tanta protervia, a tanto autoritarismo, alla violenza intrinseca di queste decisioni.
Dopo tutto cosa potrei scrivere di più, di diverso, di utile, rispetto ai fiumi di parole che vengo riversati su carta o nell’etere da parte dei media che si oppongono alle azioni di questo governo?

Siamo ormai arrivati ad un punto inimmaginabile. Il presidente del consiglio, proprietario di un impero mediatico, che minaccia di togliere le licenze alla RAI.
Che tratta la costituzione come un impiccio venendo per questo applaudito dalla platea dei confindustriali .
Che, per l’ennesima volta, fa apparire come una priorità per il paese una legge elaborata per una delle sue innumerevoli menate e che come conseguenza insignificante aprirà un autostrada senza caselli alle associazioni criminali e renderà sterile il lavoro di polizia e magistrati e ciechi e sordi i cittadini (e che serve a dovere chi - un po’ anch’io, lo ammetto- si era ridotto a sperare di poter contare sul ruolo di sincero statista di Fini. Nel momento di bisogno massimo, anche l’ex di AN è tornato docilmente nei ranghi).
Che tratta il parlamento allo stesso modo, come un fastidioso impiccio.
Che sfotteva chi parlava di crisi invitando al consumo e all’ottimismo e poi approva una manovra tremenda per pensionati e lavoratori dipendenti sostenendo che finora abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità (noi eh?).
Che lacera il paese mettendo il dito nella piaga delle differenze tra nord e sud, che alza al 84% (prima era al 75%) il limite per ottenere l’elemosina della pensione di invalidità giustificando l'iniziativa con gli abusi dei "falsi invalidi".
Che rifiuta di inserire la tortura nei reati penali come invece richiesto dall’ONU.
Che interviene a fari spenti sul diritto del lavoro (qui gli esempi sarebbero infiniti, il meno noto è stato abrogare subito la lettera di dimissioni protocollata dall’agenzia per l’impiego, norma inserita dal governo Prodi per eliminare l’abitudine di molte aziende di far firmare ai dipendenti, all’atto dell’assunzione, una lettera di dimissioni preventiva, la più recente è togliere l’obbligo alle aziende di comunicare all’ispettorato del lavoro i casi di infortunio con prognosi tra 3 e 30 giorni, evidentemente un’altra priorità per il paese ).
Che sevizia la scuola pubblica e investe in quella privata.
Che parla di amore come i terroristi islamici parlano di dio.

Meanwhile, all’opposizione, Casini e Di Pietro si scannano a vicenda e Bersani pensa che alzare i toni significhi condire di parolacce le sue dichiarazioni.

Il vero dramma è che nessuno qui sa quando usciremo da questa galleria, buia e infinita, e soprattutto non sappiamo se e come lo faremo, e cosa troveremo, cosa resterà del Paese una volta tornati alla luce.
Per la prima volta da tempo immemore, lasceremo ai nostri figli un paese peggiore di quello che i nostri padri, dal dopoguerra in avanti, hanno consegnato a noi.

La cosa più banale da fare sarebbe quella di impiegare questo tempo per cercare di costruire un’alternativa politica e sociale credibile, seria, realmente antagonista al berlusconismo e al leghismo imperante. Cambiare la classe dirigente, svoltare, ricominciare da capo. E farlo in fretta, anche.

A vedere i “nostri” invece sembra che quelli più terrorizzati dall’eventuale caduta del premier siano proprio loro, spaventati a morte dalla concreta possibilità di andare ad elezioni anticipate e perdere di nuovo con lo stesso distacco siderale di due anni fa, il tutto mentre il Paese si sta progressivamente spostando a destra, svuotando il bacino di adesione potenziale ad un'idea di sinistra.


Davanti a tutto questo, davvero, me lo dite voi a che cazzo serve sforzarsi di trovare le parole?

1 commento:

Filo ha detto...

Angelo, che dire?
Hai ragione su tutta la linea.