venerdì 18 dicembre 2009

True blood


A quattro anni dal loro ottimo debutto in full-lenght (prima moltissime collaborazioni con formazioni locali), tornano i napoletani Cò Sang. E lo fanno con un disco autorevole, orgoglioso, duro,polemico. Un disco che, per usare parole loro, mette Napoli sulla mappa.

Vita bona si fa apprezzare anche per un migliore lavoro di produzione rispetto al precedente Chi more pe 'mme, le composizioni hanno un respiro internazionale, ovvio il riferimento alla west coast americana, ma anche l’eccellente hip hop francese (penso per esempio agli IAM) trova qui dei riscontri.

Partono forte i due rapper del rione Marinella con l’open track 80 90, un micidiale riassunto di due decadi trascorse sotto l’unico comun denominatore della decadenza strutturale dei vicoli e delle periferie napoletane, dei bassifondi dell’esistenza, di un percorso di vita border line come unica via di sopravvivenza. Il ritmo è serrato, il pezzo estremamente coinvolgente, peccato solo che non tutti riusciranno a capire il testo al volo. Nel caso non è difficili reperire in rete la “traduzione” dal dialetto.

A seguire un altro highlight di Vita Bona: Momento d’onestà, nel quale i Cò Sang si tolgono qualche macigno dalle scarpe, prendendosela un po’ con tutti quelli che li hanno tirati in ballo a seguito del movimento hip hop che si è venuto a creare come traino del fenomeno Gomorra (citati nella traccia come Il Libro e Il Film). Fin qui tutto bene, anzi doveroso direi, vista la lunga militanza nel genere di Ntò e socio rispetto ai tanti rospetti recentemente affacciatisi alla scena. Non ho invece molto apprezzato, a livello di concetti espressi, le insinuazioni, nemmeno troppo velate che i due fanno al Film. Nella lunga coda parlata del brano infatti, si chiedono come mai nella colonna sonora di Gomorra compaiano in pratica solo brani di artisti neo-melodici (universalmente considerati attigui alle cosche camorristiche) e come abbia fatto la troupe di Garrone a girare un intero mese alle Vele a Scampia , lasciando così trapelare il sospetto di connivenze tra i produttori del Film e la malavita locale. Riscontro una certa scorrettezza nel modo in cui sono poste le domande, anche legittime e stimolanti, se vogliamo, ma che possono anche avere risposte non necessariamente compromettenti. Ad ogni modo il pezzo è talmente bello da mettere in secondo piano (almeno per me) questa nota stonata.

La traccia quattro, Riconoscenza, vede i nostri non sfuggire alla regola internazionale dell’hip hop che prevede che debba essere dedicata una canzone ad almeno un genitore. In genere è la mamma, qui mi sembra si tratti del papà. Anche in questo caso la canzone riesce ad arrivare al cuore ed emoziona.

Il gusto per l’allitterazione trova sfogo un po’ in tutti i brani del disco, ma mi piace segnalare in particolare i refrain di Amic Nemic, dove questa pratica raggiunge risultati davvero convincenti.

Tra i pochi featuring presenti nell’album, ricambia l’ospitata Marracash, che rima su Nun Me Parla ‘E Strada. Continuo a pensare che ci sia un abisso di qualità che separa l’hip hop d’eccellenza dei napoletani da quello del tamarro milanese. Ma a quanto pare tra gli artisti c’è amicizia e rispetto, e quindi va bene così.

In definitiva un’ottima produzione dei Cò Sang, che non falliscono la prova del “difficile” secondo album, e confermano tutto quello di buono che avevano lasciato intravedere con il loro esordio Chi more pe ‘ mme. Non solo mettono Napoli ngopp a mappa quindi, ma l’avvicinano a L.A. e a Marsiglia. C'è di che andare orgogliosi.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Riconoscenza parla si del genitore ma lo identificano nella loro città, Napoli