venerdì 11 dicembre 2009

Enjoint


Devendra Banhart può piacere o non piacere, ma di certo non si può dire che non sappia spiazzare ad ogni sua uscita discografica. Questo figlio dei fiori che sembra uscito, attraverso una distorsione temporale, direttamente dalla summer of love manco fosse l’Ilaria di Caparezza, a sto giro allarga lo spettro delle sue visioni, prendendosi alcune licenze dalla formula folk anglosassone (Nick Drake; Donovan & co.) / tradizionale centroamericana a cui ci aveva abituati e che cominciava onestamente a mostrare un po’ la corda.

Ad ogni buon conto, questo aspetto della sua musica persiste, ma è accompagnato da digressioni che sconfinano nella fascinazione per la musica di Bacharach (Baby), o dei Roxy Music con 16th & Valencia, Roxy Music (manco a dirlo), forse il pezzo più elettrico della produzione Banhartiana

Di sicuro la composizione dei brani non permette distrazioni, si rischia di perdersi dietro al flusso creativo del cantautore americano. Ogni canzone ne ha dentro infatti almeno un’altra se non due. Angelika inizia come un pezzo di Paul Simon, per poi trasformarsi in un tradizionale messicano, Chin Chin & Muck Muck esordisce non lontano dalle atmosfere jazzistiche dei primi lavori di Tom Waits, poi cambia pelle in continuazione, evolvendo in un elementare lalala che spiazza, disorienta, affascina per il suo modo semplice di afferrarti il cuore.

Rats deve per forza di cose essere considerato un omaggio ai Doors, dato l'approccio al canto e il sound complessivo del pezzo.

La tetralogia conclusiva di What we will be riprende la cifra stilistica consolidata dell’artista, da Maria Lionza al reggae di Foolin’, passando per l’acustica Waliamdzi è 100% pure Devendra stuff.

Faccio raffronti e comparazioni con altri artisti cercando di raccontare a parole il disco, ma sarebbe più corretto affermare che il caleidoscopio di colori che Devendra scuote, diventa un lavoro proprio e personale, a prescindere dalle influenze più o meno dichiarate. Questo qui è un disco che, seppur discostandosi a tratti dallo stile che abbiamo imparato a conoscere (e nel mio caso, apprezzare) del flower power son, è al contempo, indiscutibilmente, un profumatissimo prodotto della sua psichedelissima sierra.
Accendete gli incensi, coprite le bajour con un foular rosso, ricorrete alle sostanze che necessarie a indurre uno stato di profondo relax e pigiate play. Devendra è tornato.



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