Da ragazzo, e fino a qualche anno fa, pur nutrendo una passione insana per il gioco del calc(etto)io , non amavo unirmi a squadre che non fossero la mia, cioè quella della compagnia storica di amici. Ci si conosceva a meraviglia, i ruoli erano ben definiti, nella buona e nella cattiva sorte in campo si giocava a memoria.
Con il passare degli anni, e con gli amici che per diverse ragioni ad uno ad uno appendevano le scarpe al chiodo, ho dovuto fare una scelta: o diventavo meno schizzinoso riguardo ai compagni di campo, o smettevo di giocare. Ovviamente ho scelto la prima opzione.
La situazione oggi è che riesco a giocare almeno una volta a settimana, grazie ad una sorte di wild card che due o tre squadre che ho bazzicato recentemente mi hanno concesso. Perciò quando manca un uomo all'appello, mi chiamano. E io naturalmente vado.
Cerco anche di non saltare gli allenamenti del mercoledì su campo a sette, anche questi tra gente che mi è più o meno sconosciuta (e si sa che non sono uno che fa amicizia easily...).
Lunedì,in una di queste calcettate last minute, ho avuto una piacevole sorpresa. Ho trovato fuori dagli spogliatoi un amico della vecchia comitiva storica, compagno di mille battaglie sul sintetico. Ho scoperto che anche lui è nel giro dei convocabili di questa squadra e che non l'avevo visto prima perchè si era fatto male ed era rimasto fermo per qualche mese. Fantastico, penso. Ci aggiorniamo sulle rispettive esistenze, più o meno va tutto bene. Per ironia della sorte lui fa il dirigente di un'azienda di logistica, mentre io... beh lo sapete.
Così mentre facciamo una corsetta di riscaldamento mi trovo a chiedergli come sopravvive la sua azienda alla crisi e lui mi risponde che sono stati costretti a non rinnovare i contratti agli interinali e che hanno usato la cassa integrazione per un tot di indeterminati. Io gli rispondo che da noi è più o meno la stessa cosa, speriamo che sto periodo di merda passi.
Senza voler essere eccessivamente pesante o patetico, confesso che non ho potuto fare a meno di pensare come sia in queste situazioni, più che nei graduali decadimenti fisici giornalieri, i capelli bianchi o l'entrata negli anta, che misuro come e quanto sia passato il tempo. Quando non vedi una persona da tempo, e i primi argomenti di discussione sono i figli e il lavoro sembra di vedere tuo padre che parla in piazza coi suoi amici quando tu avevi dieci anni.
Anche se poi, in verità, non è che siamo così tanto cambiati, io e l'amico ritrovato. Sin da giovanissimi lui si era disinteressato a politica e ideali, ha cominciato a lavorare e a guadagnare presto, e ancora più presto si è sposato e ha avuto un figlio, mentre noi altri abbiamo continuato a fare i pirla (e qualcuno l'idealista) ancora per un bel pò. Ha sempre avuto il mito del lavorare tanto per raggiungere una posizione nella società, e beh, credo che abbia raggiunto il suo scopo.
Nel calcio a cinque fa il difensore, l'ultimo uomo. Roccioso, caparbio, instancabile. Spesso si porta in avanti e non è raro che segni dei gol. Io gioco davanti, mi muovo molto, concretizzo poco, spesso risulto effimero, cerco la giocata ad effetto, i tacchi, i tocchi di prima.
Nel calcio come nella vita? (cit)
2 commenti:
non lo so. siete cmq 2 pirla :)
sostengo da tempo che il calcio è uno specchio della vita. A seconda di come uno gioca o si comporta in campo, si capisce che persona è.
E poco modestamente posso dire che ci ho quasi sempre azzeccato.
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