Moràn è un grigio impiegato di banca di Buenos Aires, dall'esistenza monotona e scandita dall'abitudinarietà. Decide di deviare il corso già scritto della sua vita sottraendo denaro al suo istituto di credito, farsi arrestare e godersi il malloppo dopo qualche anno di carcere. Perchè ciò funzioni ha bisogno di un complice, e, a cose fatte, lo individua in Romàn, un collega incredulo e restio al coinvolgimento, che però, sotto ricatto, accetta.
Approfitto della promozione estiva di Mubi (sei mesi a quasi un terzo del prezzo dell'abbonamento) e comincio a buttare un occhio ai titoli in catalogo. Parto con questo film argentino di Rodrigo Moreno perchè, lo ammetto, la sinossi sembra essere quella di un heist movie. Niente di più sbagliato, o meglio, potrei azzardare che I delinquenti stia all'heist movie come Fino all'ultimo respiro di Godard sta al noir. Siamo cioè nel campo in cui una manifestazione artistica libera prende a pretesto un genere popolare per esprimersi liberamente. E mai "inganno" si è rivelato più felice di questo.
Faccio un parallelo con la nouvelle vague perchè ritrovo molti dei suoi elementi dentro la pellicola di Moreno che, in tre ore di film, utilizza il furto esclusivamente come perno sul quale agire per mettere in scena l'alienazione, la libertà autentica (anticonvenzionale, sessuale, anti-capitalistica), le maschere che portiamo, la fragile stabilità su cui è costruita la nostra vita, le convenzioni sociali alle quali soccombiamo.
Moràn (un Daniel Elias bravissimo a lavorare per sottrazione), come il Belluca di Pirandello (anche lui contabile, casualmente), ad un certo punto della sua vita sente "il fischio del treno" e decide di rivoluzionare il suo destino. Il repentino raggiungimento di questa consapevolezza avviene però fuori scena, lo spettatore assiste alla mutazione del personaggio senza indizi, ne deriva che il momento del furto è privo delle canoniche fasi preparatorie e spogliato di qualunque escalation di tensione, viceversa elemento irrinunciabile di qualunque heist movie.
La narrazione è sostanzialmente divisa in due scenari, il primo nella capitale argentina, ripresa negli aspetti più negativi delle grandi metropoli, il grigiore, l'indifferenza della gente per strada, la solitudine, l'alienazione, le abitazioni che tentano di essere abbellite ma risultano opprimenti e, come contrasto, i luoghi naturali di una bellezza indescrivibile dell'Alpa Corral, regione selvaggia a circa settecento chilometri di distanza da Buenos Aires, dove, chi ha scelto di viverci, ad esempio la giovane Norma (Margarita Morfino) assieme alla sorella e gli amici, lo fa all'insegna della vita frugale, della simbiosi con la natura e della più completa libertà, a spregio di ogni ipocrita convenzione sociale. Ad un Moràn, visitatore occasionale che le dice di volersi trasferire lì risponde che tutti i cittadini lo affermano, ma poi non trovano il coraggio di farlo. In seguito, quando Norma passa del tempo a Buenos Aires trova noiosa la metropoli e patetico il suo piagnucoloso partner che fallisce nel tentativo di ricattarla emotivamente, ponendosi d'ostacolo al suo essere anticonvenzionalmente libera.
Le sezioni del film - una storia nella storia - che si svolgono all'Alpa Corral sono quelle che più lo affrancano dalle consuete dinamiche heist/crime e più richiamano, nei tempi dilatati, nell'andare fuori tema, la nouvelle vague. Entrambi i protagonisti maschili, in modalità differenti, vivono, e sono trasformati, dall'esperienza di questo paradiso incontaminato, l'uno però tornerà mestamente alla sicurezza della vita passata mentre l'altro cercherà fino all'ultimo (letteralmente) di sradicarsi dalla sua esistenza precedente.
Non conosco gli attori (ho delle lacune sul cinema argentino) però l'impressione, data la naturalezza delle interpretazioni, è che si tratti quasi di recitazioni in orbita neorealismo. Tutti davvero convincenti, di qualcuno ho già accennato, tuttavia meritano una menzione anche Esteban Bigliardi (il collega Romàn) e Germàn De Silva, che se si affina la vista lo si riconosce in due ruoli, in entrambi i casi, emblematicamente, come "capo" di Moràn: prima in banca, e poi in prigione.
Essendo questo un blog ad ampia vocazione musicale non posso concludere senza citare la Pappo's Blues, band argentina realmente esistita il cui ellepì d'esordio (1971) fa da filo rosso, passando di mano in mano, alle varie fasi della narrazione e la cui musica (blues con testi sociali) sottolinea più di una scena della pellicola, fino ai titoli di coda.
I delinquenti è una visione che richiede impegno, ma restituisce un'epifania per gli occhi, il cervello e l'anima.
Mubi