I Dorothy si mettono assieme a Los Angeles nel 2013, per debuttare qualche anno dopo. Sono caratterizzati dalla presenza di una singer dall'ugola potente ed elegante, Dorothy Martin (da cui il nome della band), e da un inizio carriera fatto di porte girevoli che hanno coinvolto i musicisti dietro di lei.
Con The way arrivano al quarto album. Il genere è un hard rock moderno sporcato di blues e soul (per farsi un'idea basta ascoltare il bell'incipit vocale della Martin su I come alive, opener dell'album).
Con The way arrivano al quarto album. Il genere è un hard rock moderno sporcato di blues e soul (per farsi un'idea basta ascoltare il bell'incipit vocale della Martin su I come alive, opener dell'album).
Non so se esiste ancora una programmazione radiofonica mainstream in America, ma se così fosse, il disco sembra realizzato col bilancino proprio per sfondarla. Tutto è al posto giusto, la voce portentosa della frontwoman, i suoni, la costruzione delle composizioni, le ospitate (Slash su Tombstone town), l'alternanza scientifica tra pezzi tirati (The devil I know, Mud, Bones), midtempoes (Unholy water - dove la singer ricorda la Annie Lennox blues di Be yourself tonight -, Putting out the fire ) e i lenti (la conclusiva title track).
Lavoro piacevole che fai girare ad alto volume in auto mentre ti godi gli ultimi giorni di strade libere in questo sgocciolare d'estate.
Non è necessariamente un male creare musica in laboratorio invece che per una disperata urgenza artistico creativa, se a farlo sono mani sapienti. E però in questi casi il pacchetto completo prevede anche lo status di one-season-album. Prendere o lasciare.

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