lunedì 15 settembre 2025

Recensioni capate: Samantha Fish, Paper doll

Originaria di Kansas City, classe 1989, Samantha Fish è una delle realtà blues più interessanti e stimolanti di un panorama musicale storicamente monopolizzato dal genere maschile (al netto di qualche storica, significativa eccezione), ma che di recente, come tutto l'universo rock, sta cambiando. 
La Fish viene notata nel 2009 dopo l'auto-pubblicazione di un album dal vivo (Live bait) nel quale proponeva standards e pezzi inediti. Da allora pubblica una decina di dischi a proprio nome, più qualcuno in comproprietà con altre blueswomen. 
Paper doll esce quest'anno e ci propone una musicista completa, sia dal punto di vista dello strumento che da quello vocale nonchè in relazione alla qualità delle composizioni. 
Nove tracce (esiste anche un'edizione a dieci con la cover di Neil Young Don't let it bring you down) per una quarantina di minuti di blues e rock-blues eccelso, che accende la miccia con la pirotecnica, orgogliosa I'm done runnin' e che mantiene la tensione con il rhythm 'n blues Can ya handle the heat? e Lose you, prima sciogliersi nella ballata Sweet southern sounds la quale, come suggerisce il titolo, si sposta in ambito southern rock. 
Le dinamiche nelle singole canzoni aggiungono un elemento di valore ad un album tosto e piacevolissimo, che dimostra come Samantha sia oggi un'artista matura, che riesce a coniugare una notevole presenza scenica ad una capacità artistica e produttiva non scontata. Insomma,  oggi si rischia di essere fraintesi ma una  volta si diceva senza problemi bella e brava.

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