lunedì 26 maggio 2025

Recensioni capate: Jean Claude-Izzo, Casino totale (1995)

 


Scorrendo l’elenco di libri che mi porto dietro da tempo nella memoria dello smartphone, titoli che prima o dopo vorrei leggere, Casino totale di Jean-Claude Izzo vantava un posto ben saldo. E finalmente è arrivato il suo turno.
Il romanzo rientra nel filone dei crime che sono tutt’uno con il contesto geografico in cui si svolgono. Izzo è evidentemente innamorato di Marsiglia, la sua città, ed egli è una guida preziosa per introdurla sotto ogni punto di vista – sociale, turistico, gastronomico – al lettore che non la conosca. E’ questo probabilmente l’aspetto più suggestivo dell’opera, almeno per me, che, lo premetto, sono molto esigente in fatto di noir/crime/polizieschi, e pertanto, quando mi trovo davanti l’ennesimo eroe solitario, dalla vita privata distrutta, che fa colazione col whiskey e ama la musica old time (in questo caso jazz e blues) e ovviamente sciupafemmine, ecco beh, insomma, sprofondo nella delusione. 
Di buono sicuramente c'è la posizione politica antagonista che Izzo prende chiaramente  rispetto al razzismo nazionalista del FNP, senza tuttavia negare i problemi di coabitazione con la parte araba della città, siano essi legati alla microcriminalità piuttosto che alla mala organizzata. I personaggi sono però tracciati con una netta dicotomia tra bene e male, evitando ogni contaminazione nonchè traiettoria di redenzione (o di perdizione). 
La mia critica non toglie che Casino totale sia un’opera coinvolgente e scorrevolissima, le sue duecento pagine si leggono volendo in un paio di giorni, e infatti il libro, assieme alla trilogia che compone, ha avuto un successo mondiale. Il che lo posiziona sicuramente bene in un’ipotetica classifica per la letteratura poliziesca popolare, un po' meno nel giudizio di chi ha perso la testa per i noir cinici e disperati di Ellroy e Genna.

giovedì 22 maggio 2025

I miei film preferiti del 2024

Anno intrigante, cinematograficamente parlando, il 2024. Il lavoro di progressiva esclusione del numero di titoli, nella lista che alla fine ho postato, mi ha messo in seria crisi, basti dire che partivo da una base di ventiquattro film. Certo, non tutti allo stesso livello, ma ciascuno di essi in grado di lasciarmi qualcosa di significativo. E' questo il mio elemento guida, la scia emozionale permasta anche tempo dopo la visione. Più soggettivo di così. 
Alla fine chiudo la classifica con i canonici dieci (più o meno...), ma se dovessi rivederla domani potrei essere di nuovo divorato dai ripensamenti (al netto della prima posizione, molto poco deontologicamente decretata a gennaio dello scorso anno). 

Prima posizione

















Seconda posizione ex aequo

4. La misura del dubbio
5. La zona d'interesse
6. Rebel Ridge

Terza posizione ex aequo

7. Anora
8. Dune - parte due
9. La sala professori
10. Povere creature



Altri cinque, perchè proprio non ce la faccio

La morte è un problema dei vivi
Longlegs
The substance


lunedì 19 maggio 2025

The Murder Capital, Blindness

I The Murder Capital sono una band irlandese di Dublino, di poco più "giovane" dei conterranei Fontaines D.C. . Come loro si muovono principalmente sui territori della seconda (dopo quella della metà degli anni zero) new wave of post punk. A differenza di loro l'hype intorno alla musica che creano non è ancora partito. Avendone ascoltato il secondo lavoro del 2023 (Gigi's recovery) posso anche capire perchè. Il suono della band due anni fa era forse ancora alla ricerca di una cifra precisa, mi sembra che faticasse a centrare il bersaglio dal punto di vista emotivo. 

Blindness, da questo punto vista, è un'altra storia. I ragazzi hanno imparato ad essere più accessibili, se vogliamo anche più scaltri, ruffiani, centrati, riuscendo a bilanciare pronti-via le parti sferraglianti (Moonshot) con quelle propriamente melodiche, darkeggianti, radio friendly ( Words lost meanings) che sì, di qualcosa agli amici Fontaines D.C. è debitore e non è nemmeno l'unico caso (Can't pretend to know), ma d'altro canto la fonte cui si abbeverano entrambe le formazioni è la medesima.

La voce del frontman James MacGovern riesce ad essere, alla bisogna, atonale o estremamente espressiva, comunque sempre in grado di veicolare sentimenti forti, emozionali. Come nel caso della tesa Born into the fight o la struggente Love of Country. Discorso a parte merita Death of a giant, forse, a differenza delle sopracitate, non fra le highlights dell'album, ma letta da molti come un tributo a Shane MacGowan, la cui morte aveva commosso la nuova scena di Dublino, portando ad esempio i TMC a realizzare una cover di I'm a man you don't meet everyday semplicemente incantevole, a dimostrazione di un senso di appartenenza intergenerazionale e di una sensibilità non comuni. 

Sensibilità che riverbera in un songwriting con l'orecchio sempre attaccato a terra a cogliere rumori di una società allo sbando, crisi esistenziali, famiglie alla deriva, a cercare una speranza sempre più nascosta tra rabbia, solitudine e disperazione. Un disco che non teme di mostrare le cicatrici, affascinanti e respingenti, dei nostri tempi. Una band che urla e sussurra noi ci siamo,  non abbiamo ambizioni di leadership ma un'urgenza comunicativa deflagrante. C'è ancora qualcuno vivo là fuori?


giovedì 15 maggio 2025

Le mie serie tv preferite del 2024

Il mio rapporto con la serialità è scostante e discontinuo. Raramente, nella visione, vado oltre la prima stagione di un serial, spesso non procedo nemmeno dopo il pilot. Prediligo le serie brevi (a parte qualche eccezione significativa), possibilmente autoconclusive, non inseguo (o almeno cerco di farlo) gli hype internettiani che ti propinano una serie cult im-per-di-bi-le a settimana. Lo so, sembro snob, ma è pura sopravvivenza e gestione della ridotta risorsa del tempo e quindi delle priorità.
Tanto, in linea di massima, la roba di valore si può sempre recuperare, se c'è davvero dell'arrosto, dopo che la coltre di fumo si è diradata. 
Sono arrivato a sei titoli senza grossi dubbi ne particolari tribolazioni.

Prima posizione

1. Dostoevskij (Sky/Now)













Seconda posizione ex aequo

2. Day of the Jackal (Sky/Now)
4. The Gentlemen (Netflix)
5. The Penguin (Sky/Now)
6. True Detective: Night country (Sky/Now)

lunedì 12 maggio 2025

Derapages - Lavoro a mano armata (2020)



Alain Delambre è un ex manager di azienda dalle medie dimensioni, ma quando si trova nell'età in cui si comincia a pensare alla pensione viene licenziato, e quindi, vicino ai sessanta e con un mutuo da pagare, senza alcun datore di lavoro che lo assuma per le sue competenze, si presta a fare i mestieri più umili. Ma in lui, dopo la depressione, monta una rabbia che fatica a gestire.


Miniserie piuttosto interessante, questa francese Derapages (la traduzione italiana del titolo riprende quella scelta per il romanzo di Pierre Lamaitre, cui la serie è la trasposizione), che, in sei episodi, mantenendo sempre un buon livello di tensione e curiosità, nell'arco della narrazione passa agevolmente da un genere all'altro. Lo scenario costante attiene alla denuncia sociale della condizione del lavoro in Francia, non molto diversa dalla nostra, in cui, se esci dagli ingranaggi delle assunzioni, specialmente ad una certa età, sei obbligato a scelte umilianti, non tanto per la professione svolta - facchino, pulitore - ma per il trattamento tirannico che ricevi dai tuoi capetti. Certo, il j'accuse è di grana grossa e sloganistico, ma pur sempre efficace. Ci sono poi altri elementi: di action, nella puntata che fa da perno a tutta la vicenda, la terza, di prison drama, finanche di legal thriller con connotati crime.

Spesso, davanti a serie televisive composte da pochi episodi mi trovo a pensare, diamine ma con qualche taglio avrebbero potuto tranquillamente farne un film! In questo caso invece l'abito seriale breve veste alla perfezione il progetto, la narrazione non abusa di fill-in o momenti dilatori esclusivamente propedeutici a prolungare timing. A tutto ciò sicuramente contribuisce il fatto che dietro il soggetto (creazione e regia) ci sia un regista come Ziad Doueiri (Oscar per L'insulto), che si muove facendoci dimenticare come il prodotto nasca per essere destinato alla visione (anche, ahimè) su smartphone e tablet. 

Ma l'aspetto più prodigioso della serie è l'interpretazione di Eric Cantona, ex fuoriclasse calcistico (Manchester Utd, soprattutto) che ormai da anni si è reinventato attore. Naturalmente non è la prima volta che lo vedo in queste vesti (Il mio amico Eric, The salvation, AKA), ma il ruolo di Alain Delambre, un uomo controverso e sconfitto dalla vita la cui interpretazione deve trasmettere una gamma più vasta di emozioni, credo che lo possa aver consacrato definitivamente. C'è da sottolineare comunque come sia l'intero cast, nei personaggi principali e secondari, a fornire una prova eccellente, segnalo su tutti quella di Gustave Kevern, nei panni del migliore amico del protagonista, e Alex Luz in quelli del mega manager cinico e arrogante. 

Attualmente su Netflix, ma dovrebbe uscire a breve dal catalogo. Recuperalo.

giovedì 8 maggio 2025

I dischi che ho più ascoltato nel 2024

Come ogni anno da un pò di tempo a questa parte, dopo aver trascorso la maggior parte del tempo ad ascoltare musica di repertorio, arrivati al momento dei consuntivi di fine anno vado in sbatti e cerco freneticamente di recuperare ciò che è ritenuto il meglio dai miei critici di riferimento. 
Così facendo, nella migliore delle ipotesi, sul block notes mi trovo più di una cinquantina titoli e capisci bene che la missione-recupero è impossibile, anche perchè, con l'arrivo di febbraio, torno alle vecchie abitudini e alle mie confort zone musicali.
Ad ogni modo, anche in queste condizioni sono riuscito a isolare sette titoli (più uno), composti, in parte dai dischi effettivamente più ascoltati nel corso del 2024, e in parte da scoperte last minute, per cui ringrazio i miei spacciatori di fiducia di buona musica, che confermano la loro affidabilità. 

Ad ex aequo:

Ezra CollectiveDance, there's no one watching
Fontaines D.C., Romance
Sierra Ferrell, Trail of flowers












menzione d'onore

lunedì 5 maggio 2025

Ricordando Mike Peters

 


Qualche giorno fa, il 29 aprile, ci ha lasciato Mike Peters. Il nome ai più dice poco, al punto che mi sono stupito di trovare la notizia (certo, un trafiletto) sui principali quotidiani nazionali. Mike era noto agli attempati appassionati di rock per essere stato il frontman dei The Alarm, band gallese nata nei fine settanta che, sulla scia del cosiddetto combat rock, (genere parallelo al movimento post-punk che però non andava in rottura con i pattern musicali canonici, continuando dunque ad utilizzare, sostanzialmente, gli stessi del pop, del folk, del rock tradizionale) aveva trovato una sua affermazione.
L’elemento che li accumunava a band emergenti quali U2, Simple Minds, The men they couldn't hang o Big Country (ai quali peraltro Peters si unì, sostituendo il povero Stuart Adamson per un album e un tour nel 2013), era l'epicità, un approccio arrabbiato, tematiche sociali, l’abilità di forgiare pezzi anthemici, il tutto tradotto in composizioni  sovente sorrette da ritornelli e cori poderosi. Un pò da arena rock, se vogliamo.
Gli Alarm migliori bruciarono in fretta, tendenzialmente nello spazio di tre album (Declaration, Strenght, Eye of the hurricane) dal 1984 al 1987, che rappresentano un'ottima sintesi per comprendere il genere e che sono riusciti ad affacciarsi nelle chart inglesi, sebbene in posizioni distanti dalla top ten. 
Dopo altri due dischi in cui tentarono, non riuscendovi, di aggiornare il proprio sound, la band si scioglierà nel 1991 per riformarsi nel 2002 producendo, nei successivi quattro lustri, ben dieci lavori (di cui, onestamente, ignoravo l’esistenza), gli ultimi senza Peters, e girando regolarmente in tour. 
Ma i report dei concerti ci dicono chiaramente che il loro pubblico non avrebbe lasciato locali e palazzetti senza aver ascoltato le canzoni della tripletta di album degli esordi: Sixty eight guns (il loro successo più noto); Blaze of glory; Rain in the summertime; Strenght, The stand; Spirit of 76 eccetera. 

Mike Peters era insomma un eroe minore della musica che apprezzo. E proprio per questo, analogamente agli altri nella sua condizione, che ci hanno creduto ma erano destinati dal fato (e da un talento limitato) ad inseguire la fugace attenzione conquistata in età giovanile e mai più acciuffata, ha tutta la mia romantica stima e perché no, riconoscenza per ciò che ha saputo creare nel suo prime.



giovedì 1 maggio 2025

My favorite things, aprile 2025

ASCOLTI

Allegaeon, The ossuary lens
Messa, The spin
Muireann Bradley, I kept these...
Neffa, Canerandagio
Poorboys, Pardon me
Reverend Peyton's Big Damn Band, Honeysuckle
Ghost, Skeleta
LA Guns, Leopard skin
T Bone Burnette, The criminal under my own hat
The Murder Capital, Blindness
Machine Head, Unatoned

Monografie

Coroner
Phish
The Cult 1984/89
Charles Mingus















VISIONI

Osterman weekend (3,5/5)
The rhythm section (2,75/5)
Tutti gli uomini del re (2006) (2,75/5)
Iddu (3/5)
Tre rivelazioni (3,75/5)
L'uomo accanto (3,5/5)
Chi è senza colpa (4/5)
Fury ("The samaritan", 2012)  2,5/5
Cobweb (Corea, 2023) (3,5/5)
Una notte a New York (3/5)
Michael Collins (2,5/5)
G20 (2/5)
Secret reunion (3,25/5)
Confessioni di un assassino (Corea, 2012) (3,5/5)
La vera storia di Olli Maki (3,5/5)
Eileen (3/5)
Havoc (2025) (2,75/5)

Visioni seriali

The White Lotus, terza stagione, 8 episodi (3/5)
La cupola di vetro , 6 episodi (2,75/5)
Criminal UK, prima stagione, 3 episodi (3,25/5); seconda stagione, 4 episodi (3,5/5)


LETTURE

Don DeLillo, Underword
Michail Bulkgakov, Il maestro e Margherita