lunedì 1 luglio 2013

Skid Row, United World Rebellion, chapter one (EP, 1/3)

Gli Skid Row sono probabilmente da considerarsi un fenomeno minore, una cometa nel vasto firmamento dell'heavy metal che conta. Eppure, tra la fine degli anni ottanta con l'esordio self-titled, e l'inizio dei novanta, con l'ottimo Slave to the grind, molte delle speranze per il futuro del rock duro poggiavano proprio sulle spalle di questi giovani del New Jersey, il cui sound affondava saldamente le radici nella musica dei padri fondatori della nwobhm, strizzando l'occhio al cosiddetto glam-metal, ma senza eccedere troppo in lustrini, spandex e lacca per capelli. I riflettori erano tutti puntati sul leader della band, quel Sebastian Bach che riusciva a coniugare capacità vocali e physique du ròle, attirando agli show sia true metallers che ragazzine urlanti. La stagione dei successi finì presto, e la band, pur continuando ad incidere, diventò marginale, spazzata via dal fenomeno grunge. Licenziato Bach nel 1996, gli Skid Row incisero solo due dischi negli anni zero, l'ultimo dei quali sette anni fa. 
E' con i soli bassista e chitarrista originari e l'attempato Johnny Solinger alla voce, che il combo si ripresenta oggi, tastando il terreno attraverso United World Rebellion, EP di cinque pezzi annunciato come chapter one, ma senza precise indicazioni sull'eventuale seguito.
Il disco è vibrante e convincente, lo dico subito. Pur nella brevità dei suoi diciotto minuti, è costruito secondo le dinamiche classiche degli ellepì metal di una volta. Per cui apertura con due pezzi al fulmicotone dai ritornelli assassini (Kings of demolition e Let's go), nei quali si fanno apprezzare furore e ricerca della melodia, subito seguiti da This is killing me, il classico lento ad orologeria, dal pattern strasentito ma non per questo meno efficace. Poi via che si riprende a pestare con un'ancora ottima Get up e la conclusiva Stiches, a mio avviso la traccia più debole del lotto. 
Staremo a vedere se sarà mai pubblicato un capitolo due e se sarà all'altezza, ma intanto c'è di che essere felici.

7/10

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