mercoledì 19 ottobre 2011

Diary of a madman




Diciamo la verità. Quello che cerchiamo nella biografia di una rockstar è sì la comprensione dei processi creativi che stanno dietro alle canzoni, ma anche e soprattutto i racconti di vita spericolata in nome della sacra triade sex, drugs and rock and roll.

Quanto c'è di questi elementi dentro l'autobiografia Io sono Ozzy? Beh, il rock and roll è presente, anche se in misura minore rispetto alle (mie) aspettative, il sesso è quasi del tutto assente (fatto salvo il capitolo che menziona i Motley Crue...) mentre la droga (e l'alcool), cazzo, quella scorre a fiumi, al punto di assumere il ruolo di vera protagonista di tutta l'opera.

Lo stile della prosa è molto semplice e immediato, pensieri brevi e nessun concetto troppo elaborato. La storia parte dall'infanzia di John Michael Osbourne ad Aston, periferia degradata di Birmingham. La famiglia numerosa, la povertà, i piccoli atti di delinquenza (culminati con un breve periodo di dentenzione), i lavori più umili, l'ascendente sempre più ingombrante dell'alcool, la scappatoia rappresentata da un annuncio per la formazione di un gruppo che porta a suonare il campanello di casa Osbourne i giovani Tommi Iommi e Bill Ward, evento che, con l'acquisizione di Geezee Butler (chitarrista convertito al basso) darà origine ai Black Sabbath. Ecco, questa è la parte del libro che maggiormente privilegia il fenomeno musicale a quello degli stravizi: la versione di Ozzy sul satanismo, il lavoro in studio, i suoi pezzi preferiti, i tour, le liti.

La successiva carriera solistica viene sviscerata solo per il periodo inizale dei primi ottanta. E' qui che si concentrano i fatti che hanno creato intorno ad Ozzy l'alone di mistero e pazzia che per diverso tempo gli ha concesso quel quid di notorietà in più. Storie al limite delle leggende metropolitane vengono finalmente spiegate ufficialmente: il morso al pipistrello, lo stesso trattamento riservato ad una colomba durante una riunione con una major, la pisciata sul muro di Fort Alamo (monumento nazionale) con relativo arresto. E' in questo orizzonte temporale che si verifica anche la tragedia (incredibile nella sua dinamica) della morte di Randy Rhoads.

Ma, come dicevo in apertura, è la dipendenza da droga e alcool il vero filo conduttore della vita di Ozzy. E quando parlo di droga mi riferisco a qualunque tipo di droga (fatta salva l'eroina) o farmaco, assunti in dosi pachidermiche per circa quattro decenni. Chiaramente gli effetti di questa addiction non sono solo roba cool da rockstar fuori di testa, ma anche puramente fisiologici (svenimenti, difficoltà a trattenere le deiezioni, perdita della memoria, incontrollabili esplosioni di violenza) che fanno di Ozzy Osbourne un autentico sopravvissuto da studiare in laboratorio.

L'ultima parte del volume si occupa degli anni zero, con la partecipazione di tutta la famiglia del singer al reality di MTV (The Osbournes, perlappunto) che ha regalato al madman più fama e soldi di tutta la sua vita da musicista.



Io sono Ozzy ha il merito di essere un libro scorrevolissimo da leggere e di non essere troppo agiografico nel descrivere la figura del suo protagonista, che infatti appare spesso tragicomica. A volte il racconto eccede un pò troppo in accondiscendenza rispetto ai conflitti umani passati (tipo "i miei ex compagni dei Sabbath mi hanno fatto del male, ma ora ho superato tutto e li perdono, anche se c'è ancora una causa in ballo su chi possa usare il nome della band...") risultando in quei frangenti un pò insincero.


In ultima analisi comunque il saldo (per gli appassionati di questo tipo di letture, ovviamente) è in attivo.

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