mercoledì 28 settembre 2011

Of gods and hammer

Il Thor che Stan Lee e Jack Kirby presero a prestito dalle tradizioni nordiche per le colorate tavole degli albi Marvel dei sessanta, venne mandato in esilio sulla terra per scontare la sua arroganza ed imparare, è proprio il caso di dirlo, a stare al mondo. Nel farlo, suo padre Odino racchiuse il potente fisico del figlio nel gracile corpo di un mortale, il medico zoppo Donald Blake. Blake poteva trasformarsi in Thor battendo a terra il bastone che di norma usava per sorreggersi. Un lampo e l'eroe con il martello era pronto a tuffarsi in ogni perigliosa avventura. In questo modo il duo di autori più prolifici di fumetti mainstream USA ha tentato di applicare anche al personaggio divino il suo schema classico: "super-eroi con super problemi". La storia di Donald Blake/Thor andò avanti un bel pò. Fino alla fine degli ottanta se non ricordo male.




Poi arrivò un bel restyling dell'immagine del dio del tuono, i grandiosi Walt Simonson e John Buscema jr alle matite e l'identità mortale del figlio di Odino venne definitivamente accantonata lasciando tutta la scena al biondo vichingo. Thor è stato a lungo tra i miei comics preferiti, il reame di Asgard, il ponte dell'arcobaleno, la minaccia di Ragnarock (l’apocalissi), i complotti di Loki, ma anche il ruolo del divino tra le fila dei Vendicatori, l’epica del suo linguaggio,l'accuratezza maniacale delle tavole di Kirby: questo personaggio aveva tutto per appagare la fantasia di un ragazzino con la testa perennemente tra le nuvole.




La trasposizione sul grande schermo, dopo più di un progetto accantonato, è stata affidata a Kenneth Branagh, che da un certo punto di vista rappresenta un'ottima scelta. Certo, non è uno specialista di film d'azione (tanto di azione in questo film, per esser un prodotto con super-eroi, c'è il minimo sindacale) ma si muove a suo agio tra complotti di corte, lotte intestine, tradimenti e fratelli coltelli, data la sua lunga esperienza teatrale e cinematografica, davanti e dietro la macchina da presa, con le opere di Shakespeare.

Il god of thunder è interpretato dal poco noto ma opportunamente bello e muscoloso Chris Hemsworth, mentre tra i comprimari spiccano Anthony Hopkins (Odino), Natalie Portman (Jane Foster), Stellan Skarsgard (un collega della Portman) e Rene Russo (moglie di Odino), oltre all'ormai immancabile apparizione finale di Samuel L. Jackson nei panni di Nick Fury.




L'incipit del film segue a quello dei comics, Thor viene esiliato sulla terra per punizione, a differenza delle tavole di Kirby e Lee (che come consuetudine si ritaglia un minuscolo cameo) però non viene utilizzato alcun alter-ego mortale (anche se il nome di Donald Blake ciccia comunque fuori). Il possente dio arriva in New Mexico privato del suo martello e della sua divina forza, ma in tutta la sua prestanza fisica. In breve ovviamente imparerà l'umiltà e conoscerà l'amore, giusto in tempo per affrontare la terribile minaccia del Distruttore, una sorta di golem inarrestabile inviato a fare danni sulla terra da Loki, fratellatro malvagio del biondo, e per tornare ad Asgard che sta per fare una brutta fine sempre a causa di Loki (che purtroppo non indossa il meraviglioso costume gialloverde dei fumetti).

Il giudizio finale è positivo, è chiaro che ormai gli studios hanno preso la mano con i profili degli eroi Marvel, se proprio vogliamo, come già accennato, la spiegazione dei personaggi e lo sviluppo della storia si mangia un pò di azione (non dimentichiamo che si tratta di un prodotto d'evasione!) in compenso non manca una buona dose d'ironia e di leggerezza nei dialoghi (almeno in quelli che avvengono su Midgard...). Io l'ho sicuramente apprezzato, anche perchè con questo recupero ho chiuso il cerchio dei personaggi che faranno parte dei Vendicatori, nell'omonimo film in uscita in primavera-estate prossima, Stefano credo meno, per via del fatto che mi sono comportato da perfetto matusa, sfinendolo di spiegazioni.

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