Nono album per i Volbeat, a quattro anni da quello che a mio avviso è stato il loro disco peggiore, Servant of the mind. Pensionato il chitarrista Rob Caggiano, la band si riduce a tre elementi, con il leader Poulsen a suonare tutte le parti di chitarra (presumo che dal vivo si aggiungerà un tour member). Questo God of angels trust è un passo in avanti in termini di durezza rispetto all'ultimo lavoro, posto che la band ha sempre nelle melodie catchy una sua cifra ben definita e radicata. I Volbeat dopo tanti anni di carriera hanno un sound riconoscibile tra mille gruppi, e questo sicuramente è un punto a loro favore, che diventa però un difetto nel momento in cui ci si crogiolano troppo. Intendo dire: ormai ci si aspetta che in ogni disco ci sia la traccia country/metal, in questo caso In the barn of the goat giving birth to satan's spawn in a dying world of doom, così come quella rockabilly/metal (Better be fueled than tamed). La parte più ariosa, radiofonica si sarebbe detto un tempo, anch'essa immancabile, è invece deputata a Time will heal ed Acid rain. Tuttavia la formula funziona (il disco ha venduto bene, soprattutto nei Paesi europei a forte tradizione hard rock) e quindi avanti così.
Alla fine un buon ritorno per un lavoro piacevole, non ci si può aspettare, dopo vent'anni spaccati di produzione discografica, il sacro fuoco dell'ispirazione originaria. Bella cover "metal".

2 commenti:
e vai di ascolto compulsivo!
Mi saprai dire
Posta un commento