lunedì 20 maggio 2013

Steve Earle, The low highway


Steve Earle è senza dubbio una delle mie icone musicali.E' un'artista che ha raggiunto il grande successo nella prima fase della sua carriera (1986/90) proponendosi come astro nascente del country-rock, ha rischiato di gettare via il suo talento tra droga e guai con la giustizia ma è riuscito ad avere una seconda chance che ha sfruttato al meglio (1995/2004), per poi trasferirsi strumenti e bagagli dal Tennesse a New York dove, nel 2007 ha dato un'ulteriore svolta alla sua storia personale (matrimonio con la bella e brava cantautrice Allison Moorer) e musicale, raccordandosi con le proprie radici musicali.
Non è un mistero che la mia preferenza vada allo Steve Earle del periodo di mezzo, quando i suoi album erano un imprevedibile saliscendi musicale che riusciva a coniugare folk, punk, rock and roll, country ed indie.
I quattro album più recenti, da Washington square serenade (2007) in avanti, invece, ci consegnano un'artista probabilmente più maturo, ma un pò meno audace, che alle denunce politiche dirette preferisce le metafore letterar, e che continua ad occuparsi delle ingiustizie e degli ultimi della società mettendo i suoi versi al servizio  di un accompagnamento scarno, spesso acustico e di "basso profilo".

L'ultimo lavoro prosegue in questa direzione e dunque da questo punto di vista niente di nuovo, ma l'affermazione non suoni come una bocciatura, perchè quello che fin qui ho omesso di dire è che Steve è e resta uno dei più raffinati songwriter viventi, uno che, tra alti e bassi della propria discografia, non ha mai smesso di scrivere straordinarie canzoni.
E The low highway ne contiene di davvero memorabili, come la title track posta in apertura: una scarna ballata folk sulla quale Earle stende come un elegante tappeto rosso la sua voce che, nonostante la migrazione a nord, non ha perso un grammo del suo splendido e caratteristico southern accent. Il pezzo descrive in maniera semplice ma efficace la crisi e le nuove povertà, della gente che non ha nulla con cui vivere (Saw empty houses on a dead end street / People linin up for something to eat / And the ghost of America watching me / Through the broken windows of the factories).  Mi ricorda, nella disillusione, un altro grande incipit, quel Christmas in Washington che apriva il capolavoro El corazon nel novantasette.

Poi il disco spiega le sue ali costruite dalla parte più viscerale del genere americana. Ad eccezione del rock and roll rurale Calico County e del classico rock earliano di 21st Century blues infatti, le atmosfere che si respirano sono quelle del folk, del cajun (That's all you got), del blugrass (Warren Hellman's banjo), del country blues (Down the road part II) e del dixieland (Love's gonna blow my way).

Ma al di là dei generi, dentro questo album ci sono Le Canzoni: una manciata di ottime composizioni con qualche picco di meraviglia assoluta, come nel caso di Invisible, uno di quei brani che basterebbe da solo a giustificare l'ascolto di un disco. Anche in questo caso il testo si occupa di derive esistenziali (Everywhere I go / People pass me by / They never know cause I'm invisible / A shadow hangin' low / A footstep just behind / They carry on but I'm invisible ) e lo fa con la cruda poesia e la sensibilità alle quali il Nostro ci ha abituati.

Impossibile infine, ascoltando After Mardi Gras, non andare con la mente all'urgano Katrina e allo straordinario serial Treme (al quale Steve ha partecipato interpretando un busker), o non emozionarsi un pò con il suggestivo epilogo di Remember me.

Steve Earle è un tipo scontroso ma genuino: più giovane di sei anni rispetto a Springsteen, sembra più vecchio del boss perchè non si è fatto il trapianto ai capelli, non se li è tinti, non fa le lampade abbronzanti. "Prendetemi come sono", è il messaggio. E questo vale per lui e per la sua musica. Sarà per questo che, tra alti e bassi, ha sempre il potere salvifico di farmi sentire a casa.

7,5
 

5 commenti:

jumbolo ha detto...

non ho capito se anche "That All You Got" era in Treme, ne suonò una col titolo simile. leggo che il video del singolo "Invisible" è diretto da Tim Blake Nelson. con calma me lo vedrò. lo ascolto eh, poi ti dico.

monty ha detto...

Nella prima stagione non c'era,
non so nelle successive.
Riguardo al video di Invisible ti
segnalo anche la presenza di
Morgan Freeman.

jumbolo ha detto...

bene.

Blackswan ha detto...

Come promesso,ne hai parlato. E anche bene.Ottima recensione,mi è piaciuta davvero tanto.

monty ha detto...

Grazie. Davvero.