martedì 3 aprile 2012

You can't be neutral on a moving train

Ani Di Franco
Which side are you on?
(Righteous babe, 2012)












Per una abituata a far uscire in pratica un disco all'anno (sedici album dal 1990 al 2008), l'orizzonte temporale di quasi un lustro dall'ultima release appare come una piccola eternità ,anche se la scelta di fermarsi è stata dettata sempre e comunque dalla massima libertà artistica che ha fin qui contraddistinto l'opera di Ani Di Franco, visto che il gap intercorso non è da attribuire ad un appannamento creativo, ma alla decisione di fare la mamma a tempo pieno per la piccola Petah Lucia, nata nel 2007.

La maternità non ha in ogni caso scalfito la verve corrosiva, l'impegno sociale e politico della cantautrice, anzi se possibile l'ha resa ancora più affilata. I temi della diseguaglianza e della protervia del potere si amalgamano con quelli della cura dell'ambiente, delle solitudini, delle derive esistenziali, delle libertà individuali. La voce dell'autrice è al culmine della sua profondità, pur essendo sostanzialmente un disco folk, Which side are you on? ci rivela infatti una capacità di intonare i pezzi da parte della Di Franco che molto ha a che vedere con il mood delle cantanti di jazz della prima metà del secolo scorso, al punto che sarebbe interessante prima o poi vederla confrontarsi con canoni differenti dai suoi abituali, con l'ausilio magari di una big band.

Il disco parte così come te l'aspetti, Life boat e Unworry sono delicati (nei suoni) affreschi acustici, ma con la title track si ha la prima impennata. Il pezzo, introdotto dal banjo di Pete Seeger, è costruito sullo stampo della più classica canzone di protesta dei Guthrie, degli Ochs, dei Seeger perlappunto e, attraverso un crescendo irresistibile, trova sfogo nella martellante domanda del ritornello "Da che parte stai adesso? / Da che parte stai ?). Quasi fosse un consuntivo degli ultimi anni, nel testo c'è tutto: gli imbrogli di Bush, la politica economica di Reagan, il femminismo, persino l'auspicio del socialismo (A little socialism / Don't scare me a bit!). Un pezzo diretto e molto coinvolgente, adatto a divenire slogan in una delle tante "Occupy" che stanno scuotendo le fondamenta finanziarie dell'America.




Proseguendo nella tracklist, la libertà sessuale (Ani si dichiarò a suo tempo bisessuale) è l'oggetto di Promiscuity ( How far is too far? / How much is enough? / You gotta test this stuff), altro highlight del disco. La quasi bossa nova di Splinter è invece al servizio di un testo ecologista mentre il pamphlet femminista Amendment fa perno sulla libertà di scelta in merito all'aborto (tema sempre al centro di violentissimi conflitti in USA). Segnalo infine una If yr not orientata all'esistenzialismo ( If you’re not getting happier as you get older / Then you’re fuckin’ up) e Albacore, una toccante canzone d'amore che è scandita dai tempi di una litania.




In estrema sintesi, tra mille dubbi e incertezze, nello smarrimento di questi tempi difficili, una scelta di campo sicura almeno noi l'abbiamo: stare dalla parte di Ani. Sempre.


7.5/10

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