lunedì 16 aprile 2012

Il cinquantesimo sogno di Amnesty

Artisti Vari
Chimes of freedom, the songs of Bob Dylan
Onoring 50 years of Amnesty International
(Amnesty International/Fontana) 2012















Ha fatto le cose in grande Amnesty International per celebrare i suoi primi cinquantanni di impegno nel mondo. Settantadue artisti coinvolti in altrettante rivisatazioni di pezzi di Bob Dylan non è esattamente una cosa che si vede tutti i giorni. Il gigantesco lavoro è racchiuso in quattro cd a prezzo speciale i cui ricavi andranno totalmente alla causa dei diritti umani propugnata da Amnesty.

Non so dire quali artisti abbiani inciso appositamente per questo tributo e quanti abbiano invece pescato dal proprio cassetto di inediti, dopotutto qualunque band sia mai salita su un palco ha, prima o poi, suonato (e probabilmente registrato) un pezzo di Dylan.
Un lavoro così imponente mal si coiniuga con la voracità di ascolti di questi tempi digitali, e di certo in qualche episodio si va di skip, ma nel complesso mi sembra doverso prestare un pò di attenzione alle interpretazioni del maestro qui presentate, anche perchè non compaiono solo i pezzi più noti (onestamente, a chi serviva un'altra versione di Knocking on heaven's door?), ma anche chicche da veri fans.

Uno che sicuramente non ha inciso il suo pezzo per l'occasione, scusate il macabro umorismo, è Johnny Cash, che apre la raccolta con una One too many mornings rifatta con il boom-chicka-boom, suo inconfondibile marchio di fabbrica. Patti Smith irrompe con Drifter's escape, pezzo proveniente da John Wesley Harding, album del 1967. Il primo cd, a parte qualche eccezione (i Rise Against con Ballad of Hollis Brown o i Gaslight Anthem di Changin of the guards per esempio) predilige le atmosfere suggestive e rarefatte, spesso con ottimi risultati. La versione di Simply twist of fate regalata da Diana Krall ad esempio è da groppo in gola, ma convincono anche Most of the time di Betty Lavette, Love sick in chiave messicana grazie ai Mariachi El Bronx, Blowin in the wind acusticamente jamaicana grazie a Ziggy Marley, la versione oxfordiana di Girl from the north country di Sting, i My morning Jacket (You're a big girl now) e Mark Knopfler (Restless farewell).

Il cambio di registro del secondo disco è battezzato dai Queen of stone age, che imprimono il loro sound a Outlaw blues. Lenny Kravitz rispetta le sonorità originali di Rainy day women #12 & 35. Immancabile Steve Earle che intona con il contributo della violinista Lucia Micarelli uno dei miei pezzi preferiti di Dylan, One more cup of coffee. Altra presenza opportuna quella di Billy Bragg con Lay down your weary tune, mentre Elvis Costello pesca una License to kill da Infidels del 1983. Joan Baez (Seven curses) e Jackson Brown (Love minus zero/No limits) rimpolpano la schiera dei dinosauri, la presenza di Adele con Make you feel my love è la botta di modernità che chiude la facciata.

Dal terzo compact segnalo una toccante versione di I want you da parte della poco nota Ximena Sarinana, mentre tra i big Bryan Ferry, ancora fresco di tributo personale all'autore di Freewheelin piazza lì una Bob Dylan's dream e Carly Simon trasforma Just like a woman in una ballata jazzistica. L'attesa botta di vita arriva con la giga infuocata che i Flogging Molly fanno di The times they are a-changin, il punk veloce dei Bad Religion alle prese con It's all over now baby blue e i My Chemical Romance che si cimentano nella Desolation row già ascoltata sugli end titles di Watchmen.


Sorprendentemente ispirata la I shall be released dei Maroon 5 che apre l'ultimo disco, così come è convincente Political world dei Carolina Chocolate Drops. La versione di Like a rolling stone della coppia Seal/Jeff Beck paga un pò il pizzo a quella fantastica degli Stones, mentre è scolastico Mick Hucknaill su One of us must know. Michael Franti mette le infradito a Subterrean homesick blues, Lucinda Williams aggiunge pathos al pathos di Trying to get to heaven e giù giù fino ad arrivare a Pete Seeger che correttamente canta Forever young. La chiusura è per lo stesso Dylan con Chimes of freedom.


Chiaramente operazioni come questa vivono di alti e bassi, di interpretazioni ispirate e di altre elementari, che poi con canzoni come quelle di Bob Dylan la metà del lavoro è già fatto, tutto sta a non rovinarle. Ci sono moltissimi big in questa raccolta, altri mancano in maniera inspiegabile. L'assenza di Springsteen ad esempio, sia per il rapporto che ha con Amnesty che per quello con Dylan, è abbastanza anomala. Al di là di questa mia considerazione il valore globale del prodotto (contributo ad Amnesty, la qualità del materiale e ultimo ma non ultimo il prezzo contenuto) merita sicuramente l'acquisto.


7/10

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