lunedì 17 febbraio 2025

Robert McLiam Wilson, Eureka Street (1996)



Belfast, anni novanta. Tra bombe, violenza per le strade e povertà, Jake (cattolico) e Chuck (protestante) provano testardamente, e con fortune decisamente alterne, a sopravvivere.

Per un'amante della bellissima e travagliata terra d'Irlanda la lettura di Eureka Street è stato un passaggio per certi versi obbligato, un pò come chiudere gli occhi e viaggiare sulle ali della musica dei Pogues, dei Thin Lizzy o di Christy Moore, sulla visione di una manciata di film (Nel nome del padre, Il vento che accarezza l'erba, Una scelta d'amore, The commitments) o fantasticare sugli scritti di Brendan Behan o di Roddy Doyle. Peraltro, su questo romanzo, nei primi anni duemila, s'era agitato un notevole hype, veicolato, come da illustri pareri in quarta di copertina, da nomi autorevoli della nostra critica letteraria.

Beh, lo dico timidamente, dal basso della mia capacità critica, ma il mio giudizio non converge con l'entusiasmo che ha accompagnato il libro, tanto che all'epoca del primo acquisto, una ventina d'anni fa, lo mollai presto. Lo riprendo e ne completo la lettura oggi, e pur tuttavia le migliori intenzioni non bastano a farmi superare le stesse perplessità di allora, che attengono in gran parte alla caratterizzazione dei protagonisti: Jake, cattolico come l'autore e nel quale secondo me egli si identifica tratteggiandolo alla stregua di un classicissimo e scontato beautiful loser, e Chuck, la cui parabola da poveraccio a miliardario appare ai miei occhi inverosimile ai limiti dell'irritazione, pur considerandone l'interpretazione metaforica. Attorno a loro ruotano una serie di altri personaggi verso i quali Wilson cerca, a volte con scarso successo, l'empatia del lettore (il ragazzino emarginato, i genitori adottivi, la madre che scopre di essere lesbica in tarda età).

Ciò che a mio avviso invece funziona è la critica nei confronti dei media e di chi guardava i troubles dal mondo esterno. Una narrazione che ci viene trasmessa dallo scrittore come sciatta, superficiale e sempre alla ricerca di un pietismo che poco ha a che fare con l'approfondimento giornalistico di uno scenario tanto complesso.  In questo aspetto McLiam Wilson va anche oltre, denunciando a suo dire l'ipocrisia della componente politica dell'IRA, il Sinn Fein  (chiamato nel libro Just Us, che è la traduzione approssimativa del nome in gaelico appunto del Sinn Fein), dell'insensata violenza delle organizzazioni terroristiche, siano esse di cattolici (IRA, appunto) o protestanti (Orange Order, Red Hand Commando) che si sono rese responsabili, nel corso degli anni, non solo di brutalità e omicidi ai danni dei militanti degli opposti schieramenti, ma anche di gente comune e della micro criminalità che nasce dallo stato di miseria di quelle zone.

Ecco, qui il cattolico McLiam Wilson ci offre un punto di vista da insider certamente interessante, quasi più critico nei riguardi della "sua" fazione piuttosto che di quella degli orangisti, non necessariamente condivisibile, ma rivolta al sentimento della gente comune che voleva semplicemente vivere in pace senza paura di uscire di casa, andare al pub o essere identificata come cattolica o protestante, con le conseguenze del caso, nella parte sbagliata dell'Irlanda del Nord. 

Capisco bene che Eureka Street sia stato quasi un instant book, uscito nel momento giusto di massima attenzione ed empatia rivolta alla situazione nordirlandese e non è da escludere che l'emotività abbia recitato un ruolo nel considerarlo ciò che non mi pare sia, un capolavoro, ma che, sempre parere soggettivo, letto oggi abbia fallito la prova della storicizzazione.

Il romanzo è stato trasposto dalla BBC in serie tv di quattro episodi nel 1999, inutile dire che è introvabile nelle più diffuse piattaforme in streaming. Sarebbe interessante buttargli un occhio semmai dovesse riemergere.


2 commenti:

Filo ha detto...

Ahia! Mi stai ferendo.

monty ha detto...

Viva le opinioni differenti :)