venerdì 28 maggio 2010

William

Oggi sono stato al funerale di William, un mio vecchio collega, in pensione da qualche anno. All'epoca del mio ingesso in azienda, nel lontano 1988, era a lui che mi avevano affiancato per fare addestramento pratico. Lui aveva quarant'anni, io venti. Era una persona che può essere definita come l'archetipo del bauscia milanese, un pò come il Ponchia di Abatantuono in Marrakesh Express, uno che la sapeva lunga su tutte le cose, a cui piaceva stare in compagnia, ridere, fare battute, essere al centro dell'attenzione. Era molto conosciuto in aeroporto, anche fuori dal nostro reparto, tutti sapevano chi era.

Qualche anno dopo il mio ingresso nella Società le nostre strade si sono divise,visto che lui ha fatto carriera e ha cambiato area di lavoro. Qualche anno fa è andato in pensione, e subito, purtroppo, ha avuto dei seri problemi di salute, causati da una precoce forma di Alzhaimer prima e da problemi cardiaci poi. Sono stati proprio questi ultimi a causarne la morte.

Data la sua popolarità in azienda ero convinto di trovare una marea di ex colleghi al suo funerale, e la mia sorpresa è stata grande quando ho visto solo uno sparuto gruppo di persone radunato all'esterno della chiesa dove era prevista la funzione funebre. Una quindicina in tutto oltre all'ex moglie (anche lei dipendente della stessa azienda), il figlio, gli amici del figlio.

La funzione è stata, se possibile, ancora più deprimente. La piccola cappella del cimitero era squallida e desolante. Il prete che ha officiato sembrava svogliato come se fosse stato buttato giù dal letto controvoglia, le sue parole risuonavano vuote e routinanti, senza coinvolgimento, senza emotività, parlava della vita dopo la morte con la stessa passione con cui l'avrebbe fatto uno scienziato laico, si comportava non diversamente da un operaio di catena di montaggio.

Mi sono chiesto quale senso avesse tutta quella pantomima. Mi sono chiesto perchè uno come William fosse stato dimenticato così in fretta. Conosceva tutti in aeroporto, è vero. Però pensandoci bene, non ricordo coltivasse rapporti particolarmente profondi e intimi. Amicizie durature. Erano tutte conoscenze superficiali, relazioni interpersonali basate sulla convenienza, sulla condivisione di uno stesso posto di lavoro, di orari sfasati rispetto alle persone normali, di una professione che all'epoca sembrava privilegiata.

Non fosse entrato nella mia vita in un momento così particolare probabilmente non avrei avuto nessun tipo di relazione con lui, troppo diverse le nostre personalità. Nelle settimane in cui mi ha insegnato il lavoro, pur non conoscendomi per niente, mi ha concesso dritte su tutto lo scindibile umano: da come si prepara una compilation musicale, a come si pratica un cunnilingus, a cosa doveva fare l'Inter per vincere lo scudetto, al metodo per rollarsi una canna, alle sue avventure extraconiugali, alla cucina, il gossip sulle colleghe e i colleghi, la sua milanesità e via delirando.

Ricordo che un anno, poco prima di Natale, si lamentava con tutti che la moglie non capisse mai il regalo che lui desiderava intensamente, e si augurava che, cazzo, almeno quella volta lei avesse intuito quello che lui voleva, visto che aveva provveduto a fornirle diversi indizi in merito. Non aveva la minima percezione di quello che stava per succedergli. Quel Natale infatti la moglie se ne andò via con un altro, lasciandogli un biglietto sul tavolo della cucina.

Mi spiace che questo, da sempre, sia il ricordo più intenso che ho di lui. La lezione di vita più significativa che mi ha lasciato. Mi spiace che il mio cinismo mi faccia ricordare questo episodio anche in un momento in cui di norma si esaltano le qualità di una persona che non c'è più. Però, diamine, chi aveva bisogno di altre pillole di menzogna oggi?

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Vonnegutiano

Gemelle a rotelle ha detto...

Mmmm, è raro che qualcuno ti ricordi dopo un certo tempo in un ambiente di lavoro impiegatizio, a meno che tu non sia stato veramente QUALCUNO e non abbia stretto amicizie vere. Il luogo di lavoro è un pò come la scuola, è un'esperienza del momento presente, intensa ma in qualche modo effimera. E forse è giusto così. Col tempo solo le relazioni reali restano e la fuffa decade...

Filo ha detto...

bel post.

Anonimo ha detto...

Quando s'impegna...