domenica 29 marzo 2009

Sorprese mainstream

Due dischi diversissimi tra loro, accumunati solo dallo scetticismo iniziale con il quale li avevo accolti.

Si può dire che il nuovo U2 lo attendevo con la frenesia con la quale si attende un raffreddore, e invece è...ahem...buono.
Sarà che dopo How to dismantle an atomic bomb le aspettative stavano a zero, e le premesse del nuovo lavoro ( plagio della copertina e singolo di lancio - Get on your boots - francamente imbarazzante) non avevano fatto che alimentare il distacco da ciò che gli irlandesi avevano rappresentato per la mia giovinezza, ma le note che escono da No line on the horizon mi hanno piacevolmente stupito. C'è il sound U2 che evita però l'autocompiacimento e l'autocoverizzazione, c'è impegno e un briciolo di ispirazione. Ci sono la title track, Breathe, Moment of surrender, White as snow e c'è Magnificent. Possono bastare.

Gli album composti interamente di cover stanno agli anni zero come i tributi ai novanta. C'è un calo di ispirazione? Facciamo un disco con pezzi altrui. Dobbiamo rilanciare una band in secca che non ha scritto un solo brano in dieci anni? La soluzione c'è, scegliamo una manciata di canzoni scritte da altri.

Non sono mai stato un fan di Carboni, nonostante il bolognese abbia avuto un'ascendente formidabile sul mio giro di amici, una ventina e oltre d'anni fa (si può dire che lo ascoltassero tutti). Mi ha però incuriosito la scelta dei brani inclusi nell'album (di cover appunto) Musiche ribelli. Il recupero di Lolli e del suo brano più noto, sebbene di culto, Ho visto anche degli zingari felici, due canzoni non banali di DeGregori (La casa di Hilde e Raggio di sole), Eppure soffia di Bertoli, che fa tenerezza con il suo idealismo ambientalista, Vincenzina e la fabbrica di Jannacci.

Ci sono anche Musica ribelle di Finardi (scelta obbligata, visto l'orientamento del disco), la meravigliosa Venderò di Bennato, Up patriots to arms di Battiato, Quale allegria di Dalla. Chiude il disco una versione alla "Fisico bestiale" de L'avvelenata di Guccini.

Carboni si applica con educazione e rispetto, nessuno stravolgimento rispetto alle versioni originali. Una base reggae qui, una drum machine là, l'inconfondibile accento bolognese a fare da collante al tutto. Lo conforta nell'opera Riccardo Sinigallia, il risultato è sorprendentemente piacevole e longevo.


4 commenti:

Filo ha detto...

'azz, devo risascoltarmi l'album degli U2.
Devo dire che al primo ascolto è stato imbarazzante, per un fan come me.
Mi stai dicendo che c'è speranza.
Riproverò.

monty ha detto...

fai bene filo.
Ma non mi assumo alcuna responsabilità.
:-D

Anonimo ha detto...

devo dire cosa penso di quello degli u2?

che preferisco quello di Carboni, ecco cosa ne penso.
: )))

Mau

Gemelle a rotelle ha detto...

No Monty, Luca Carboni NOOOOOOO!:-O