Beh, innanzitutto, il tragitto in macchina per vedere gli AC/DC dovrebbe essere, per legge, percorso su un’autostrada libera, con una caddy decappottabile e la radio che manda a balla Higway to Hell. Invece mi devo puppare un’ora e dieci di coda su di una tangenziale ovest bloccata, a bordo della mia utilitaria, che si porta adosso scatarrando quasi duecentomila chilometri, con la sintonia sulle news di Radiopop.
Comunque sia, parcheggio tipo a sette chilometri dal forum e m’incammino verso il palazzetto tra le consuete bancarelle di t-shirt, l’odore di salamella e le note distorte di Black Ice che provengono dai diversi chioschi disseminati lungo il percorso.
Ritiro il mio biglietto alla cassa (fa ridere la pignoleria dell’addetto che verifica con cura i miei dati personali, mentre a pochi metri i bagarini si stanno facendo la casa al mare con la vendita illegale dei tagliandi ) e salgo le scale che portano all’interno. Alle 20.05 il forum è già praticamente pieno, e il pubblico sta riservando una calda accoglienza all’ open act degli irlandesi The Answer. Nonostante me li fossi anche un po’ studiati in previsione del concerto di stasera, non riescono proprio a coinvolgermi. Le canzoni scivolano via tutte innocue, il cantante fa mossette alla Chris Robinson che fa David Coverdale che faceva Robert Plant. Quasi irritante.
Una mezz’oretta di show e poi inizia l’attesa vera. C’è grandissima eccitazione tra il pubblico, le corna rosse luminose si vendono come il pane (5 € il pezzo, baby), i cori ANGUS-ANGUS partono senza soluzione di continuità. C’è davvero un’enorme aspettativa tra la gente che ha affollato il forum, e che in qualche caso ha cacciato qualche centinaio di euro ai bagarini per avere il suo posto al concerto.
Con una puntualità che testimonia grande rispetto per il pubblico, alle 21 si spengono le luci, e pochi istanti dopo parte un filmato a cartoni animati, nel quale i componenti della band sono su un treno (un boato accoglie le versioni cartoon di Brian Johnson, Malcolm Young, Cliff Williams e Phil Rudd) , trascinato da una locomotiva nella quale un Angus con coda e corna luciferine continua a caricare carbone con una pala nonostante il mezzo abbia già raggiunto la sua velocità massima e punti dritto un centro abitato. L’ingresso nel locomotore di due procaci e discinte signorine, che fingono di sedurre Angus per poi immobilizzarlo e cercare di frenare il treno non avrà successo. La locomotiva si schianta e irrompe realmente sul palco mentre parte il riff di Rock and roll train. Un inizio all’insegna del puro divertimento.
Dopo il singolo apripista per l’ultimo Black Ice, è la volta di Hell ain’t a bad place to be a cui fa seguito Back in black, che accende come una miccia l’entusiasmo, già bendisposto, dei diecimila presenti. Brian è in palla, recita egregiamente la sua parte , scherza, ride, gesticola, saluta e introduce quasi sempre i pezzi, manco fossero una band emergente. Si muove come un orso marsicano ubriaco, ma con simpatia.
Comunque sia, parcheggio tipo a sette chilometri dal forum e m’incammino verso il palazzetto tra le consuete bancarelle di t-shirt, l’odore di salamella e le note distorte di Black Ice che provengono dai diversi chioschi disseminati lungo il percorso.
Ritiro il mio biglietto alla cassa (fa ridere la pignoleria dell’addetto che verifica con cura i miei dati personali, mentre a pochi metri i bagarini si stanno facendo la casa al mare con la vendita illegale dei tagliandi ) e salgo le scale che portano all’interno. Alle 20.05 il forum è già praticamente pieno, e il pubblico sta riservando una calda accoglienza all’ open act degli irlandesi The Answer. Nonostante me li fossi anche un po’ studiati in previsione del concerto di stasera, non riescono proprio a coinvolgermi. Le canzoni scivolano via tutte innocue, il cantante fa mossette alla Chris Robinson che fa David Coverdale che faceva Robert Plant. Quasi irritante.
Una mezz’oretta di show e poi inizia l’attesa vera. C’è grandissima eccitazione tra il pubblico, le corna rosse luminose si vendono come il pane (5 € il pezzo, baby), i cori ANGUS-ANGUS partono senza soluzione di continuità. C’è davvero un’enorme aspettativa tra la gente che ha affollato il forum, e che in qualche caso ha cacciato qualche centinaio di euro ai bagarini per avere il suo posto al concerto.
Con una puntualità che testimonia grande rispetto per il pubblico, alle 21 si spengono le luci, e pochi istanti dopo parte un filmato a cartoni animati, nel quale i componenti della band sono su un treno (un boato accoglie le versioni cartoon di Brian Johnson, Malcolm Young, Cliff Williams e Phil Rudd) , trascinato da una locomotiva nella quale un Angus con coda e corna luciferine continua a caricare carbone con una pala nonostante il mezzo abbia già raggiunto la sua velocità massima e punti dritto un centro abitato. L’ingresso nel locomotore di due procaci e discinte signorine, che fingono di sedurre Angus per poi immobilizzarlo e cercare di frenare il treno non avrà successo. La locomotiva si schianta e irrompe realmente sul palco mentre parte il riff di Rock and roll train. Un inizio all’insegna del puro divertimento.
Dopo il singolo apripista per l’ultimo Black Ice, è la volta di Hell ain’t a bad place to be a cui fa seguito Back in black, che accende come una miccia l’entusiasmo, già bendisposto, dei diecimila presenti. Brian è in palla, recita egregiamente la sua parte , scherza, ride, gesticola, saluta e introduce quasi sempre i pezzi, manco fossero una band emergente. Si muove come un orso marsicano ubriaco, ma con simpatia.
Tocca ancora ad un pezzo dall’ultimo disco, Big Jack, e poi Dirty deeds done dirt cheap, Shot down in flames e l’apoteosi del sing along di Thunderstruck.
Ai lati del palco quattro schermi, due molto grandi e due più piccoli, al centro la locomotiva che in alcune parti del concerto viene coperta da uno schermo grande come il palco stesso. Fino a Black Ice (il brano), Angus si gestisce con parsimonia. Qualche duck walk, qualche gesto delle corna, ma il meglio deve venire. E arriva con The Jack, quando il chitarrista australiano, come da copione, si spoglia accompagnato dall’ossessiva base blues del pezzo. Resta in pantaloncini ed è così che finirà lo show.
Tolti Brian e Angus, gli altri del gruppo potrebbero benissimo essere delle statue di sale, non si muovono di un passo rispetto alla loro postazione, e Phil Rudd (batteria) ha l’aspetto di un impiegato del catasto.
Ma è il momento dell’enorme campana che serve a battere i rintocchi che introducono il memorabile riff iniziale di Hell’s bells. Rincorsa di Johnson il campanaro che si attacca attraverso una corda al batacchio, la campana suona a morto e la festa comincia. Per tutta la prima strofa fino al ritornello la voce degli AC/DC potrebbe anche farsi una birra al bar, che tanto è il pubblico a cantare.
Lo schema del concerto si ripete costante: finisce un pezzo, si spengono le luci e parte l’altro. Non succede mai che un brano confluisca in un altro. La band è comunque in ottima forma, e, considerando anche l’età media dei suoi componenti, non si risparmia. L’ultimo blocco di canzoni prima degli encores include War machine, che per me è il pezzo migliore di Black Ice, poi Shoot to thrill, You shook me all night long, e la potentissima TNT.
L’ormai classica bambola gonfiabile che accompagna il gruppo durante l’esecuzione di Whole lotta rosie, si gonfia in un istante e si sistema a cavalcioni sul locomotore: tette enormi, calze strappate, un po’ di pancia. Batte il tempo con il piede.
Chiude il set Let there be rock, e qui è davvero Angus time. La lunghissima parte chitarristica del brano vede il chitarrista percorrere tutta la passarella che si insinua tra il pubblico, fino alla pedana posta al centro del parterre, che si solleva di qualche metro, fino a diventare una sorta di altare, che sublima la sfacciata abilità di Young. L’interminabile assolo finisce sul livello rialzato del palco dove il leader degli AC/DC sfida il pubblico con la sua tecnica.
La conclusione del pezzo lascia tutti stremati. Ci si riposa qualche minuto e poi siamo pronti per la festa di Higway to hell e le cannonate di For those about to rock, che concludono quasi due ore di esibizione.
Gli AC/DC avrebbero tutte le carte in regola per apparire patetici, nel replicare in età da pensione le stesso copione, gli stessi atteggiamenti (cristo santo, gli stessi vestiti!) di 25 anni fa, ma evitano egregiamente questo rischio grazie ad un’enorme professionalità, l' affetto strabordante da parte dei loro fans (raramente mi è capitato di percepire tanta passione da parte del pubblico per un artista) e un compito portato fino in fondo con determinazione, senza fronzoli o cedimenti. Non hanno bisogno di recuperare il vecchio sound, come fanno ciclicamente loro illustri colleghi che nel tempo hanno diversicato l'approccio con l'hard rock, perchè non l'hanno mai abbandonato. Portano in giro il loro greatest hits live (ma non hanno mai acettato di pubblicare una raccolta, in nome dell'unicità degli album che li porta di conseguenza a non vendere mp3 su i-tunes) aggiungendo di volta in volta qualche brano per promuovere il nuovo disco.
Poi certo, avere un repertorio come il loro aiuta mica poco, eh.
In ultima analisi, il vostro fedele cronista si è divertito assai, ha cantato, ballato, partecipato diligentemente a tutti i cori da stadio proposti dalla band e perfino trovato una maglietta con il logo AC/DC della misura di Stefano. Cosa chiedere di meglio ad un rock and roll circus?
Lo schema del concerto si ripete costante: finisce un pezzo, si spengono le luci e parte l’altro. Non succede mai che un brano confluisca in un altro. La band è comunque in ottima forma, e, considerando anche l’età media dei suoi componenti, non si risparmia. L’ultimo blocco di canzoni prima degli encores include War machine, che per me è il pezzo migliore di Black Ice, poi Shoot to thrill, You shook me all night long, e la potentissima TNT.
L’ormai classica bambola gonfiabile che accompagna il gruppo durante l’esecuzione di Whole lotta rosie, si gonfia in un istante e si sistema a cavalcioni sul locomotore: tette enormi, calze strappate, un po’ di pancia. Batte il tempo con il piede.
Chiude il set Let there be rock, e qui è davvero Angus time. La lunghissima parte chitarristica del brano vede il chitarrista percorrere tutta la passarella che si insinua tra il pubblico, fino alla pedana posta al centro del parterre, che si solleva di qualche metro, fino a diventare una sorta di altare, che sublima la sfacciata abilità di Young. L’interminabile assolo finisce sul livello rialzato del palco dove il leader degli AC/DC sfida il pubblico con la sua tecnica.
La conclusione del pezzo lascia tutti stremati. Ci si riposa qualche minuto e poi siamo pronti per la festa di Higway to hell e le cannonate di For those about to rock, che concludono quasi due ore di esibizione.
Gli AC/DC avrebbero tutte le carte in regola per apparire patetici, nel replicare in età da pensione le stesso copione, gli stessi atteggiamenti (cristo santo, gli stessi vestiti!) di 25 anni fa, ma evitano egregiamente questo rischio grazie ad un’enorme professionalità, l' affetto strabordante da parte dei loro fans (raramente mi è capitato di percepire tanta passione da parte del pubblico per un artista) e un compito portato fino in fondo con determinazione, senza fronzoli o cedimenti. Non hanno bisogno di recuperare il vecchio sound, come fanno ciclicamente loro illustri colleghi che nel tempo hanno diversicato l'approccio con l'hard rock, perchè non l'hanno mai abbandonato. Portano in giro il loro greatest hits live (ma non hanno mai acettato di pubblicare una raccolta, in nome dell'unicità degli album che li porta di conseguenza a non vendere mp3 su i-tunes) aggiungendo di volta in volta qualche brano per promuovere il nuovo disco.
Poi certo, avere un repertorio come il loro aiuta mica poco, eh.
In ultima analisi, il vostro fedele cronista si è divertito assai, ha cantato, ballato, partecipato diligentemente a tutti i cori da stadio proposti dalla band e perfino trovato una maglietta con il logo AC/DC della misura di Stefano. Cosa chiedere di meglio ad un rock and roll circus?
Rock and roll train e il suo cartone animato introduttivo, registato dalla data di Milano del 19 marzo:
La setlist della serata:
1. Rock'n'roll Train
2. Hell ain't a bad place to be
3. Back in Black
4. Big Jack
5. Dirty Deeds
6. Shot Down in Flames
7. Thunderstruck
8. Black Ice
9. The Jack
10. Hell's Bells
11. Shoot to Thrill
12. War Machine
13. Anything Goes
14. You Shook Me All Night Long
15. TNT
16. Whole Lotta Rosie
17. Let there be Rock
18. Highway to Hell
19. For Those About to Rock
6 commenti:
la aspettavo. bel lavoro. bella scaletta. bello spettacolo. ottime conclusioni tue.
well done dude.
cos'è che fa Chris Robinson?
Mau
le mossette come david e robert,
nes pa?
come stai maurino?
sei riuscito a vederli gli eisidisi?
e i judas come sono annati?
: ) no dai.. chris come coverdale no... : ))))))
sto benissimo, tra cambiamenti vari fratè.
diciamo che questi concerti li ho saltati senza accorgermene, e diciamo che è perchè sto pensando finalmente un po' ad altro.
ultimamente solo un blue note e ieri un Gianmaria Testa di classe assoluta che ha tenuto epr due ore l'auditorium col fiato sospeso, con una voce e una chitarra.
tipo Apicella, però di sinistra.
cose romantiche, insomma : )
anche se in viaggio, l'altra sera, ho sparato i Pixies.
giusto per far capire chi sono davvero : )))
Mau
molto intiresno, grazie
good start
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