martedì 28 ottobre 2008

Vote for change


Ancora non riesco a realizzare che, con molta probabilità, tra pochi giorni gli Stati Uniti d'America eleggeranno il primo presidente nero, pardon afroamericano, della storia.

Faccio fatica a credere che Barack Obama, nato a Honolulu il 4 agosto 1961, da un musulmano del Kenya e una ragazza bianca del Kansas, possa riuscirci nonostante l'odio che ancora nutrono per i neri , gli omosessuali e per i democratici, quelli della famigerata bible belt (la cintura di stati meridionali caratterizzati dalla forte presenza di congregazioni fondamentaliste) tutta casa, chiesa, american pie e pistole, determinante nell'ultima vittoria di Bush alle elezioni del 2004.

Oggi di nuovo notizie di arresti di neo nazisti pronti a sparare al candidato democratico. Conoscendo un pò (grazie DeLillo! grazie Ellroy!) i movimenti della Cia quando decide che un potenziale presidente non va (vedi omicidio John e sopratutto Robert Kennedy), non mi fanno paura quattro sfigati che girano un video su you tube prima di imbracciare il loro uzi, ma quello che veicolano, il clima di assedio a Barack, che sembra voler creare le condizioni per qualcosa di terribile, e farlo apparire inevitabile.

Sì, perchè l'America non è solo New York, Boston, Chicago o San Francisco, città molto vicine alla cultura democratica europea, ma anche, e sopratutto, enormi fasce geografiche di scarsa cultura, povertà e violenza. Posti (l'intera bilble belt su tutti) in cui domina l'avversione per i negri. In cui mai vorrebbero avere come comandante supremo delle forze armate un cazzo di africano con il nome che ricorda quello di un terrorista. Posti in cui, i subdoli strateghi repubblicani, per assicurarsi che la gente andasse a votare per daboliù, hanno aggiunto nel 2004 una sorta di referendum sull'introduzione dei matrimoni gay (facendolo passare come una istanza dei democratici) ottenendo una risposta oceanica di no e altrettanti voti per the defender of the faith, mister worst president, ever.

Mi rendo conto che tutto questo ragionamento è sbilanciato su temi che possono sembrare di contorno rispetto agli argomenti e al programma di Barack Obama, del quale in effetti non ho scritto una parola. Ebbene, non mi aspetto qualcosa nemmeno vagamente di sinistra da lui, di certo farebbe meglio di Bush jr, ma è cosa davvero facile. E' giovane ha una cultura diversa, forse il momento anche in America è propizio per un'inversione di tendenza sulla pena di morte. Non credo che farà niente per implementare la sanità pubblica a dispetto di quella privata (40 milioni di americani ne sono privi) e subirà come tutti pressioni dalle lobbies.
Però la sua ascesa ha creato curiosità, interesse. E' indubbiamente carismatico, scatena passione, sogni, aspettative. Ha riportato le masse fuori di casa, lontano dalla stramaledetta tv, ai suoi comizi. Sono d'accordo con chi vede in lui il JFK degli anni duemila, per come parla alla gente, per come si pone, per la novità che rappresenta.

Spero che le analogie con i Kennedy si fermino a questo.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

scarsa cultura in molti stati (perlopiù centrali) significa proprio analfabetismo, negli States.
Pe noi centro-europei progrediti e culturalmente avanzati può sembrare assurdo ma è così.

Tutta gente che un negro non lo vota manco come spazzino.
Mau

Gemelle a rotelle ha detto...

Ma sei COS^ SICURO che sarà eletto? Aspetta a dirlo, non essere troppo ottimista. Vendi la pelle moscia di McCaine solo quando l'hai preso...
Se però Barak sarà eletto speriamo sia una presidenza FUNKY!

monty ha detto...

il punto è proprio questo.
Non fosse afroamericano vincerebbe
a mani basse, 8 anni di daboliù
ammazzerebbero pure iron man.
però, visto il colore della pelle,
il contesto, e la paura che si
respire in questi giorni tra i
democratici, ci crederemo tutti
quando lo vedremo.
e forse nemmeno allora...

Gemelle a rotelle ha detto...

Io sono rassegnata. Guardo dalla finestra e aspetto gli ALIENI