In conseguenza degli eventi narrati nel primo film, Arthur Fleck è ricoverato in una prigione manicomio, completamente mansueto e gestito con psicofarmaci. La conoscenza di un'altra prigioniera, Harley Quinzel, che lo idolatra dopo aver visto un docufilm a lui dedicato, farà deflagrare in Arthur sentimenti dimenticati, e lo metterà davanti alla prova decisiva della sua esistenza.
Dopo aver letto le sinossi a ridosso dell'uscita nelle sale del film, e i commenti negativi di alcuni tra i miei critici di riferimento, ho ignorato questo seguito del Joker di Todd Philips (dietro la mdp anche del sequel). Eppure alcuni elementi avrebbero dovuto farmi accendere una lampadina d'interesse. A partire dalle dichiarazioni di Phoenix che si era detto disinteressato a girare un seguito, per poi cambiare idea dopo aver letto lo script (d'accordo, a volte le star cambiano idea - Jackman con Wolverine - a suon di argomenti economici). Aveva ragione, il buon Jaquin. Philips ha fatto con Folies à deux la stessa operazione di Lana Wachowski con Matrix Resurrections, sia in termini di atto terroristico contro la fanbase, che di killing joke rivolto agli studios, e, tanto che c'era, ha picchiato più di qualche chiodo sulla bara di uno dei villain più iconici e pop del mondo. Mica poca roba, eh. Sicuramente protagonisti e regista avranno messo in conto (esattamente come la Wachowski) il rigetto di molti spettatori, fan o meno, ma se ne sono freagati, andando dritti per la loro strada. La Warner e la Dc avranno invece sperato che il nome Joker nel titolo bastasse a gonfiare i botteghini ma ahimè, oggi il passaparola (social) ha un peso rilevante, nell'uccidere in culla queste aspettative.
Joker 2 è un film anarchico, punk, irriverente. Non poteva che essere un flop. Non poteva che farmi innamorare. Tutto ciò nonostante apprezzi il genere musical quanto potrei apprezzare una colonscopia, ma quando un film è così bello e pregno di testi e sottotesti, il genere passa in secondo piano (vedi Emilia Perez). Che poi, musical. Certo, nel film si canta (troppo, per qualcuno), ma gli intermezzi musicali durano mediamente poco, pescano nel repertorio evergreen dei musical, dello swing o dei crooner e non sono quasi mai coreografati (cioè non ci sono scene di ballo di massa).
La messa in scena, con il prologo cartoonesco in stile Tex Avery, gli intermezzi che riprendono i varietà e i late show americani, i riferimenti poco nascosti al primo film, di cui i protagonisti parlano in termini positivi o negativi, dipingono quest'opera come un percorso di catarsi che compie sì Arthur Fleck, ma che si vorrebbe compisse anche il die hard fan.
E poi c'è la politica. Il rifiuto della leadership assegnata a gran voce da bande di sottosviluppati violente e criminali (a me sovviene qualcuno che invece in America l'ha afferrata e la agita come una colt), ceduta in cambio della riscoperta di un sè stesso fragile e indifeso (la sequenza dell'interrogatorio di Gary Puddles, da questo punto di vista è il momento più rivelatore del film) anche a costo della perdita dell'amore della vita, è un filo narrativo struggente, rivoluzionario e impopolare. Così come lo è questo Joker: Folies à deux, che, l'avessi visto per tempo, sarebbe senza dubbio finito nei miei preferiti dell'anno.
Siccome non siamo nei settanta e nello scenario di libertà creativa introdotta dalla "Nuova Hollywood", atti di coraggio così autolesionistici andrebbero celebrati, ma ahimè, ciò non accade. Speriamo almeno il tempo sia galantuomo.

2 commenti:
Assolutamente d'accordo. Questo film non è stato capito ma sono sicuro che il tempo gli renderà merito. Film catartico, ineluttabile, è la logica prosecuzione del primo capitolo: la rabbia e la violenza hanno lasciato il posto al dolore, senza possibilità di salvezza. Un lungo requiem, che colpisce al cuore.
Niente da aggiunger :)
Posta un commento