martedì 29 luglio 2025

Pug Johnson, El cabron

 


Mia rivelazione country di questo 2025, Pug Johnson è ancora un artista di cui è difficile scovare informazioni sul web. Per dire, anche il suo sito è privo di una traccia biografica. 
El cabron dovrebbe essere il suo secondo album dopo il debutto del 2022, ma anche qui, informazione da verificare. 
Alla fine però questo è un problema solo per chi, come me, ha la cattiva e novecentesca abitudine di voler sempre approfondire le proprie passioni mentre ogni tanto basterebbe concentrarsi sul beneficiarne, quando ne vale davvero la pena. Ed è esattamente questo il caso di specie.
Il buon Pug infatti, in undici canzoni per meno di quaranta minuti riesce ad attraversare con classe generi e sottogeneri che banalmente possiamo ricondurre al country, ma, sull'esempio di Sturgill Simpson, è anche in grado di saltare gli steccati fino a spingersi in incursioni nel soul e usare strumenti, come la tromba, in modalità jazz.

La partenza del disco è Big trains, un avvolgente honky tonk, tanto classico quanto coinvolgente, che riesce immediatamente a proiettarti nelle atmosfere delle roadhouse sulle highway del sud degli States.  A seguire la title track, che resta sempre connessa con la musica di frontiera (Texas, azzarderei), ma in modalità più confidenziale, quasi da crooner, aiutata in questo dall'irrompere di una suggestiva tromba. Al terzo brano, con Buy me a bayou, compiamo un altro step di viaggio, spostandoci in Lousiana con uno scatenato e divertentissimo cajun. 
Non è mia intenzione scrivere una recensione "track to track", è una modalità di illustrazione che trovo noiosa (anche se ha i suoi fans), tendenzialmente preferisco darti un'idea di massima dello stile del disco attraverso suggestioni e comparazioni, tuttavia l'analisi di alcune tracce mi serve per sostenere la poliedricità di un'artista perfettamente a suo agio nel contesto dato (il country), ma che dimostra l'ecletticità necessaria anche per realizzare un'intensa ballata soul dalle parti di Ben Harper (Believer).
Senza paura, infine, di perdersi dalle parti del Rio Grande, con l'inconfondibile stile tejano di Last call, a richiamare i nomi tutelari del genere, da Ry Cooder ai Texas Tornados a Joe Ely, ne, con Hole in me, di sciogliere il tuo freddo freddo cuore (cit.) con una canzone d'amore e d'abbandono irresistibilmente western.

Lo so, il country è avviluppato nei luoghi comuni che lo vestono di vecchio e reazionario, e probabilmente per più d'un aspetto è davvero così. Quello che sfugge è che si tratta anche un genere fresco e dannatamente vitale che, anche attraverso la fratellanza universale insita nella musica, sa posizionarsi lontano dagli stereotipi sociali-politici del sud e del Lone Star State. 
Superare i preconcetti può portare grandi soddisfazioni. Basta aprirsi e ascoltare.

Nessun commento: