lunedì 20 aprile 2020

James Taylor, American standard

American Standard: James Taylor, James Taylor: Amazon.it: Musica

Nonostante la mia  fascinazione per la musica del passato, James Taylor non è mai stato la mia tazza di tè. C'è da dire che il settantaduenne cantautore americano (di Boston), a dispetto dell'enorme notorietà e del successo commerciale (si stima che i suoi dischi abbiano venduto cento milioni di copie), non sia in generale artista molto citato o dichiarato come fonte d'ispirazione, dai tanti nu folkers in giro, forse perchè giudicato poco cool (vuoi mettere, ad esempio, col "maledetto" Nick Drake?), troppo agè o mainstream, vallo a capire.

Ad ogni modo, dopo il ritorno ad un lavoro di inediti del 2015 (mancava dal 2002), molto ben accolto da critica e pubblico, Taylor torna rinvigorito con un disco di cover, American Standard, appunto. A differenza degli altri suoi lavori di questo tipo (Covers, del 2008 e l'EP Other covers, del 2009) l'operazione, come suggerisce il titolo,  abbraccia quell'immenso bacino di musica americana che va dallo swing, al jazz, al dixieland al musical, ricordando in questa filosofia, l'analoga operazione compiuta da Bob Dylan per i suoi ultimi tre lavori (Shadows in the night; Fallen angels; Triplicate).
Il tutto con il suo inconfondibile stile, che emerge nitido "nonostante" il frequente accompagnamento di una band al completo.
Si va da pezzi notissimi, come My blue heaven o Moon River, posti in apertura, Pennies from heaven, Ol'man river, a brani meno conosciuti, ma pieni di swing, come Sit down, you rockin' the boat (dal musical Bulli e pupe), o composizioni che rilanciano il noto impegno sociale del democratico James (You've got to be carefully taught).

Il risultato finale, nel farci riscoprire classici magari non così conosciuti dalle nostre parti, affascina e cattura, per colpa di quel dolceamaro effetto nostalgia di cui il buon James è uno dei più titolati cantori.

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