martedì 24 gennaio 2017

La nuova Resistenza Americana

Lo so, crescendo siamo diventati più aridi e cinici. Valori e ideologie sono andati a carte quarantotto. Ne consegue che sopportiamo a fatica tutti questi artisti milionari che prendono posizione in politica, nelle guerre, nei temi enormi e irrisolvibili come fame e carestia di oltre metà globo, che arrivano a fare gli ambasciatori dell'O.N.U.. Non ci fidiamo. 
Cosa mi rappresenta esporsi pubblicamente, quando si è ricchi sfondati e affermati se non l'ennesima ricerca di ribalta e riflettori?
Beh, insomma dipende. Spesso l'autenticità dell'impegno è conseguenza inevitabile della storia personale di chi lo propugna. Lo capisci dall'intensità di uno sguardo. Dall'onestà intellettuale. Dalle parole usate. E quando un artista come Bruce Springsteen parla di sè stesso e della sua Band come parte della nuova Resistenza Americana contro Trump, beh, sarò anche doppiamente schierato (sia per Springsteen che contro Trump), ma non posso che mettere da parte tutta la normale diffidenza (anche per un artista che qualche sbandamento dopo l'undici settembre forse l'aveva avuto) e avere un moto d'orgoglio per quest'uomo che usa una parola forte, forse spropositata visto che si riferisce comunque ad una grande democrazia qual è quella USA, come inequivocabile dichiarazione d'intenti: perchè non ci siano dubbi su quale sia la parte per la quale lui parteggia
"Con i miei musicisti siamo qui to witness and to testify" (a testimoniare e documentare) afferma Bruce. Questo è il ruolo che ci consegna la storia, è il sottotesto. Questo possiamo fare, e questo faremo, non certo candidarci in politica (offerta com'è noto più volte avanzata a Springsteen dai democratici e sempre rifiutata) o perpetrare inutili sfilate a favore di camera.
L'assidua frequentazione del catalogo di Woody Guthrie, Pete Seeger e Bob Dylan, ne sono certo, tornerà di nuovo utile.



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