lunedì 10 giugno 2013

Depeche Mode, Delta machine



Sono passati davvero tanti anni, trenta per la precisione, da quando i Depeche Mode subivano critiche feroci da parte della stampa per l'eccessiva freddezza della loro elettronica e, in qualche occasione, per l'utilizzo del playback dal vivo.Oggi la band,dopo aver nel corso del tempo allargato i propri orizzonti musicali arrivando a vendere milioni di dischi,  si è guadagnata lo status di gigante della pop music mondiale e con essa un'autorevolezza e una consapevolezza dei propri mezzi che le permette di dare alle stampe un disco come Delta Machine, che più lontano dai canoni di "commerciale" non potrebbe essere.

Con questo album infatti Gore, Gahan e Fletcher rinunciano ad accarezzarsi l'ego evitando di cadere  nell'autoplagio (rischio comune a tutte le band di lunghissimo corso) o di nascondersi nel rassicurante abbraccio rappresentato dal reiterare, coverizzandolo, il proprio sound, confezionando invece un'opera cupa, oscura, slabbrata e spesso sottoritmo, che torna sì all'elettronica, ma quella meno accessibile, riuscendo a raccordarsi solo occasionalmente al proprio brand consolidato degli ultimi anni (del lotto iniziale, Secret to the end) mentre nei casi di My little universe o Soft touch Raw nerve non è esagerato delineare un raccordo con Some great reward del 1984. Si torna anche ad scarnificare riff blues come nel fortunatissimo caso di Personal Jesus, ma quanta differenza passa da quella felice intuizione e il mood dimesso e senza lustrini dance di Slow o di Goodbye.

Non sono esattamente un fan dei Depeche Mode e onestamente non posso affermare che questo album abbia monopolizzato i miei ascolti, però rispetto ad una sorta di repulsione iniziale, con il tempo è indubbiamente cresciuto. Di certo massimo rispetto per una band che decide di far uscire un disco difficile, che quasi, contrariamente alle abitudini, ce la fa a non contenere nemmeno un singolo commerciale. Quasi. Perchè il tormentone (Soothe my soul) alla fine non manca, solo che è inserito alla boia d'un giuda in conclusione del disco, quando ormai ti sei abbandonato sulle gelide atmosfere dell'album e di certo non ti aspetti più il confortevole raggio di sole di un pezzo così cantabile. Anche questa, alla fine, è classe.

7,5/10

2 commenti:

Blackswan ha detto...

Ne avevo parlato bene anche io e più o meno nello stesso tuo modo.Quindi, come spesso accade, sottoscrivo la tua rece :)

monty ha detto...

Vado a leggermela allora.