lunedì 22 ottobre 2012

Ry Cooder, Election special


Ai propri idoli si perdona tutto, ma immagino che per molti fan di Clint Eastwood sia stata dura digerire l'immagine, tristissima, dell'ex ispettore Callaghan che si presta ad un patetico quadretto a favore di Mitt Romney all'ultima convention repubblicana. Non tanto per la sua discesa in campo a favore del partito repubblicano, quanto per la scelta del candidato da appoggiare. Siccome è difficile separare l'uomo dalla sua arte è complicato capire come Eastwood, che attraverso la sua arte ha saputo dipingere sapientemente l'america dei drifter e degli abbandonati, possa parteggiare per un politico miliardario che considera la parte più povera dell'america (il 47% della popolazione) alla stregua di un branco di parassiti lavativi.

Non si corre questo rischio con Ry Cooder. La sua arte è tutt'uno con la sua formazione politica. Viaggiare per le parti più povere del mondo, chitarra in spalla, ad insegnare ed imparare musica probabilmente ti regala una visuale diversa da quella filtrata dal simbolo del dollaro che occupa invece il campo visivo di Romney. La recente trilogia My name is Buddy, I, flathead e Pull up some dust and sit down parla di scioperi, di diritti e di dignità. Poteva Ry lasciarsi scappare l'occasione di dire la sua sulle prossime elezioni USA? Naturalmente no. 

E' per questo che l'album si apre con Mutt Romney blues, laddove Mutt è il cane di Mitt Romney, che abbandona il proprio cucciolo lungo la strada nonostante le suppliche della bestiola. Il canone non potrebbe essere altro se non un blues, particolarmente vibrante ed ispirato (l'ho postato qui, se volete). Ecco, si parte per il canonico viaggio  verso il miglior folk-blues-country-tejano oggi in circolazione, accompagnato da testi politici, corrosivi e diretti, come nel caso di Guantanamo, rock and roll basico sganciato come una bomba su una delle vergogne delle recenti amministrazioni USA: la prigione in terra cubana dove sono condotti in semi clandestinità i sospetti terroristi. The 90 and the 9 è invece un country leggero leggero, con un messaggio pesante, attraverso un dialogo tra padre e figlia infatti si lancia un appello a tutti gli elettori del democratic party a darsi da fare per vincere le elezioni. 

Election Special è dunque un instant-record e un disco partigiano, ma senza che per un solo attimo il suo essere congiunturale o la sua propaganda oscurino la bellezza della musica. 
Volendo infatti, si può godere di un blues sofferto come Cold cold feeling anche senza capire una mazza del testo.

Peccato solo che Ry Cooder sia entrato a far parte di quella schiera di artisti (ci metto insieme anche Steve Earle) così schierati a sinistra da far temere che un loro eventuale appoggio pubblico ad un candidato democratico possa far spaventare l'elettorato più moderato. Ovviamente al chitarrista californiano non ne può fregare di meno di stare fuori dalle luci dei riflettori e lontano dai lustrini delle convention. In questo sta sicuramente invecchiando mooolto meglio dell'ottuagenario Clint. 

7/10


3 commenti:

jumbolo ha detto...

Non ho ascoltato il disco e non conosco Ry, però sul discorso politico USA un paio di cose vorrei dirle.
Non mi ha stupito più di tanto l'endorsement di Eastwood. Clint è sempre stato in odore di repubblicanesimo, però non si era mai schierato apertamente (aveva fatto pure il sindaco, ma da indipendente). Era però abbastanza chiaro che era un repubblicano law and order. Magari si è rincoglionito, ma Obama ha fatto saltare il tappo a più di uno, e noi qua non ne percepiamo il perché. Potrei provare ad analizzare il perché, ma probabilmente non ne sarei in grado. Il fatto però che Cooder intitoli un pezzo Guantanamo, può facilmente indicare uno dei voltafaccia obamiani più grossolani, visto che tutti quanti ci ricordiamo cosa disse a proposito del carcere in terra cubana, prima di essere eletto.
Così, tanto per dire qualcosa prima delle 7,00.

monty ha detto...

Non credo che Eastwood interpreti
la delusione dei sostenitori
di Obama, sono d'accordo con te
che le sue simpatie sono andate
sempre all'altra fazione politica,
ma la questione è proprio il suo
tempismo nel fare pubblicamente
outing. Romney rappresenta quella
parte d'america becera e classista
che non t'aspetti venga sostenuta
da uno come Clint. Poi oh, magari
i repubblicani sono tutti così, non lo so.

Su Obama. Sicuramente ha faticato
tanto. Senza dubbio qualche promessa
non l'ha mantenuta, ma è stato
l'unico presidente che io ricordi
ad avere avuto il coraggio di tentare
un'impopolarissima riforma della sanità pubblica
(che persino clinton tagliò, se ti ricordi),a favore dei più indigenti
ed in questo si è trovato contro
non solo gli avversari, ma anche
ampie frange del suo partito.
Il compromesso che ne è uscito
è alla fine molto annacquato, ma, data
la condizione di partenza è comunque qualcosa.
Poi vabè, durante il suo mandato
l'economia mondiale è andata a
puttane, ma questo vale per tutti.

Nonostante tutto continuo a ritenerlo il miglior
presidente americano da non so
quanto tempo.

Anche Cooder, pur non lesinando
critiche continua a sostenerlo,
come è giusto che faccia una persona
di buon senso, viste le alternative...

Gemelle a rotelle ha detto...

Visto che si parla di Clint intervengo: Eastwood non solo è repubblicano, è stato sindaco di una città (Carmel mi pare) ed è anche stato escluso da alcuni circoli MOLTO destrorsi a causa delle sue idee repubblicane ma progressiste. Ha ragione Jumbolo, noi capiamo una parte delle implicazioni. Teniamo presente che Eastwood è un attore, potrebbe essere un lavoro come un altro per lui (anche se per me/noi è difficile da digerire. Però non è così sorprendente, in fondo, negli ultimi anni della sua vita, un ribelle ultrafrikkettone come Dennis Hopper si spostò paurosamente a destra arrivando a supportare nientemeno che Bush Jr.
Pure delusa dal mio eroe, ammetto di non poter dare un giudizio.