lunedì 10 settembre 2012

The Cult, Choice of weapon

Cooking Vynil (2012)

Ricordo che su alcune riviste  (perlopiù di hard-rock/heavy-metal) di quattro o cinque lustri fa, si pigliava un pò per il culo i Cult per il loro essere così tanto cangianti a seconda della moda rocchettara del momento risultando di conseguenza spesso derivativi. 
Non so quanto questa critica sia o meno fondata, ma a volerla prendere per buona, la band di Ian Astbury e Billy Duff a sto giro si è fatta principalmente influenzare... da se stessa, versione 1987/89 (periodo Electric; Sonic Temple): quella cioè di maggior successo commerciale (non la migliore dal punto di vista artistico), quella nella quale le principali fonti di ispirazione del gruppo (i Led Zeppelin quando erano the hammer of the gods) e di Astbury (Jim Morrison; influenza così marcata che per un pò all'inizio dei duemila Ian portò in tour i Doors of the 21st century assieme ai membri originali del gruppo losangelino, Manzarek e Krieger) raggiunsero il loro apice. L'allure nostalgica è peraltro sancita dalla scelta di tornare ad affidarsi alle mani di Bob Rock (forse il Rick Rubin del rock pesante tra gli ottanta e i novanta, sua la mano dietro i maggiori successi di Metallica; Motley Crue; Bon Jovi e decine di altre bands) quale produttore.

Cosa aspettarsi dunque da Choice of weapon, anno di grazia 2012? Per dieci tracce e una quarantina di minuti di durata (ma è disponibile anche una versione deluxe con quattro pezzi in più), chitarroni che macinano riff su riff, voce  imperiosa di Asbury che conduce a ritornelli micidiali riuscendo, in Elemental light; Honey from a knife, Lucifer e The wolf, a mandare indietro di venticinque anni le lancette dell'orologio. Che, sorprendentemente aggiunge alle sopra citate influenze stilistiche il Bowie di Heroes (l'album) per Life/Death, che celebra il lato (rock)blues dei Doors con A pale horse. 


Choice of weapon è in definitiva esattamente come ce lo si poteva aspettare. E' un male? Boh, forse fino ad un certo punto,  visto che compensa la sua prevedibilità picchiando duro e considerato che possiede una manciata di brani in grado di resistere oltre al tour promozionale del disco.
Va bene così,  personalmente ho smesso da tempo di pretendere originalità dai Cult.

6,5/10

2 commenti:

Iacopo ha detto...

Due considerazioni:

a) a me sto disco piace un casino

b) sto post è da malditesta, grandezza di caratteri uno diverso dall'altro, interlinea di dimensioni variabile...

monty ha detto...

Ha fatto tutto il blog, io il post l'avevo
editato come sempre. Ad ogni modo
adesso è a posto.