lunedì 29 dicembre 2025

Buen camino




Per me non esistono i guilty pleasures, ci piace quel che ci piace e bona lì, perchè dobbiamo giustificarci? Al tempo stesso non concepisco gli steccati, per cui se ti ridi per le boiate ti dovrebbe essere precluso il cinema d'autore. La premessa per dire che il cinema a Santo Stefano è un rito che mi porto dietro quasi da mezzo secolo (quindi attraverso varie fasi di vita) e che una buona parte delle visioni accumulate nel tempo, in questo periodo dell'anno, sono state tradizionalmente riservate ai cosiddetti cinepanettoni, da Boldi-De Sica al trio (Aldo Giovanni e Giacomo) per finire con Checco Zalone. E' una componente tradizionale, ed aggiungo, irrinunciabile, delle feste natalizie.

Tra l'altro, per uno come me che al cinema ci va mediamente due tre volte al mese trovandolo deserto, lo spettacolo d'altri tempi della sala straripante di persone, con risata collettiva e persino applauso finale sui titoli di coda rappresenta una specie di viaggio nel tempo. Peccato, dirai tu, che il fenomeno si celebri per film di questa riffa. Ed è vero, ma i blockbuster italiani (1200 copie distribuite, oltre 13 milioni di incasso tra Natale e Santo Stefano per Buen camino) sono costruiti così.

Perchè coi film di Checco Zalone non vale l'analisi critica su regia, messa in scena, sceneggiatura etc., Luca Medici, come nella tradizione della commedia italiana, ma ovviamente non a quei livelli, porta in scena una maschera, e si va tutti a vedere la maschera. E pazienza se Buen camino prosegua nella traiettoria discendente iniziata con Tolo tolo, ma ancora più in picchiata, se è vero come è vero che il film inizia con Zalone sul lettino in attesa della visita dal proctologo. Chissà come glie rode a De Sica per non aver pensato ad un incipit così geniale.

Si ride, e aggiungo, si sorride, davvero poco. Nell'assenza pressochè totale di punchline efficaci, la pochade si trascina stancamente per un'ora e venti (gli ultimi minuti per arrivare ai canonici 90 sono per un video musicale francamente imbarazzante). Qualcuno si è risentito per una battuta su Gaza (messa lì al solo scopo di alimentare il dibattito sulla "scorrettezza" del film), per come la vedo io il problema non è l'opportunità di inserirla in questo momento, con la catastrofe umanitaria in corso che ha fatto seguito a morte e devastazione totale, il problema è semplicemente che la battuta è inefficace, non fa ridere. Sta tutta lì la differenza tra la capacità di essere scorretti o meno.

Non so se Zalone/Medici sia di destra come dicono, di sicuro fa delle scelte politiche, come tutti. E può anche darsi che siano dettate esclusivamente dalla scaltrezza di annusare l'aria che tira. Fatto sta che, di norma, è chi detiene il potere ad essere preso di mira dai comici, mentre stranamente in questo film il "villain" è un palestinese radical chic. Due colpe evidentemente imperdonabili per la coppia Nunziante Zalone, e di conseguenza da perculare con ferocia, mica te la vorrai prendere con una classe politica col busto del Duce in ufficio, no?
Ah, ovviamente non mancano scoregge, gag sui carabinieri stupidi e la par condicio sulla penosa uscita su Gaza con una battuta sugli ebrei e le camere a gas. 
Che ovviamente non fa ridere. 
Come tutto il film.

lunedì 22 dicembre 2025

Joe Ely e Raul Malo: The road goes on forever

I primi giorni di dicembre si sono portati via due miei riferimenti musicali di lunga data, Joe Ely e Raul Malo. Di Joe mi sono reso conto di non aver mai scritto un post da quando ho creato Bottle of smoke, e la ragione è che, dopo più di un decennio - fine ottanta fine novanta - ad ascoltarlo e a comprare i suoi album (ricordo un viaggio negli USA dove avevo esaurito il credito della carta di credito e con gli ultimi spiccioli, invece che cibo, prima di prendere il volo di ritorno acquistai il suo splendido Letter to Laredo, appena uscito) sono passato ad altro perdendolo un pò di vista. Era del 1947, aveva esordito discograficamente trent'anni dopo, nell'anno chiave della storia della musica moderna e non credete alle schede dei suoi dischi che descrivono il suo genere banalmente come country rock, Ely ha attraversato punk e post-punk, elaborando il sound del sua terra natia, il Texas, a stili ed influenze provenienti sia dal sud (il Messico) che dal nord-est (New York). Era amatissimo dai musicisti, Springsteen su tutti, che sovente l'ha invitato sul palco a suonare una delle canzoni del repertorio di Joe che il Boss preferiva: Settle for love. Non è passato spesso per il nostro Paese, ma in una di quelle volte sono riuscito a vederlo dal vivo e, nonostante il contesto (un teatro o una palestra di periferia), ci regalò un grande concerto. La vecchiaia non è stata clemente con lui. Settantottenne, da tempo soffriva di Parkinson. Mi piacerebbe resuscitare per lui una mia vecchia rubrica, 80 minuti, per suggerire una ventina di sue canzoni da cui iniziare per conoscere un'artista che ha dato tanto alla musica americana ma che, come capitò anche a Warren Zevon, ha avuto poco in cambio. 



Raul Malo, con o senza i suoi Mavericks, non ho invece mai smesso di seguirlo e di scriverne. Il tag del blog a loro nome conta nove post, fino alla recensione di Moon and stars del 2024 (che se album conclusivo doveva essere, lo è stato davvero col botto), con Raul già in condizioni di salute precarie a causa del cancro infame che se l'è portato via, ma a sentire la sua voce celestiale non l'avresti detto. Aveva da poco compiuto sessant'anni. Nato a Miami da profughi cubani, Raul aveva, inizialmente assieme agli storici sodali Mavericks, e poi alternando una carriera solistica (in tutto più di venti album), creato un caleidoscopico patchwork di country, latin, croonering, swing, rock and roll, tejano, pop, da far girare la testa e far muovere i piedi anche ad un frigorifero (come me). Ricordo bene il loro unico concerto che sono riuscito a vedere, al Rolling Stone di Milano nel 1998. In quell'occasione si portarono appresso anche una sezione fiati, per una gig torrenziale che spettinò lo sparuto gruppo di cauboi de noartri che si presentarono in sala con Stetson di ordinanza pensando di assistere ad uno spettacolo country. 



Come si dice oggi, la musica di Raul e di Joe mi sblocca ricordi emozionanti: persone che ho conosciuto, che ho amato, momenti felici e spensierati. 
Detesto la retorica delle frasi convenzionali davanti alla morte. Questi artisti, come altri, ci hanno lasciato un'eredità solida ed importante, non è da tutti imprimere una traccia nella storia della musica. E sta a noi continuare a farla vivere.

martedì 9 dicembre 2025

Recensioni capate: Task (2025)


Un noir rurale, neorealista per certi versi, per come affonda le radici nella realtà di una periferia rurale americana, il Delaware, che per certi versi sembra ancora ferma all'antico e selvaggio west e che trova la sua forza più che nell'intreccio crime (comunque avvincente) nel mostrarci i diversi modi in cui si può amare la propria famiglia disfunzionale. I due attori che interpretano protagonisti principali, Mark Ruffalo, stanco e indolente, e Tom Pelphrey, loser con un piano, fanno a gara di bravura, con il secondo a imporsi su misura sul primo, ma il livello, credimi, è davvero alto, per un serial. 
Dietro una grande serie c'è un gran lavoro di scrittura, e in questo caso lo sceneggiatore Brad Ingelsby (Il fuoco della vendetta, Omicidio a Easttown tra gli altri) ci regala due personaggi autenticamente indimenticabili, guidati da sentimenti distruttivi come rimorso e risentimento, che cercano la loro strada verso la redenzione. 
La serie starebbe in piedi anche evitando i momenti action crime degli ultimi due episodi, ma capisco che la bestia vada sfamata, e va bene anche così. Assieme a Black Rabbit (che magari recensirò), la serie migliore vista quest'anno.

giovedì 4 dicembre 2025

My Favorite Things, Novembre '25

ASCOLTI

Rosalìa, Lux












Sarah Jane Morris, Forever young
Agnostic Front, Echoes in eternity
Cheap Trick, All washed up
D.K. Harrell, Talkin' heavy
The Fall, 50,000 Fall fans can't be wrong
Paolo Conte, Concerti
Coroner, Dissonance theory
Daron Malakian and Scars on Broadway, Addicted to the violence
Lathe of Heaven, Aurora
Bruce Springsteen, Nebraska '82

Monografie/Playlist

Trivium
Biffy Clyro
Fela Kuti
KISS
Elvis Costello


VISIONI

La coda del diavolo (3/5)
House of dynamite (3,5/5)
I peccatori (3,75/5)
Flight risk - Trappola ad alta quota (2,25/5)
Mountainhead (3/5)
The running man (3,5/5)
Attacco al potere - The siege (1998) (2,75/5)
Il colibrì (2,5/5)
28 anni dopo (3,75/5)
Poker face (2,5/5)
Il maestro (3,5/5)
The Bricklayer (2/5)
Absolution - Storia criminale (2,5/5)

Visioni seriali

The sinner, stagione uno, otto episodi (2,75/5)
Reacher, stagione uno, otto episodi (2,5/5)

LETTURE

Luigi Pirandello, Uno, nessuno e centomila

lunedì 1 dicembre 2025

Recensioni capate: Volbeat, God of angels trust



Nono album per i Volbeat, a quattro anni da quello che a mio avviso è stato il loro disco peggiore, Servant of the mind. Pensionato il chitarrista Rob Caggiano, la band si riduce a tre elementi, con il leader Poulsen a suonare tutte le parti di chitarra (presumo che dal vivo si aggiungerà un tour member). Questo God of angels trust è un passo in avanti in termini di durezza rispetto all'ultimo lavoro, posto che la band ha sempre nelle melodie catchy una sua cifra ben definita e radicata. I Volbeat dopo tanti anni di carriera hanno un sound riconoscibile tra mille gruppi, e questo sicuramente è un punto a loro favore, che diventa però un difetto nel momento in cui ci si crogiolano troppo. Intendo dire: ormai ci si aspetta che in ogni disco ci sia la traccia country/metal, in questo caso In the barn of the goat giving birth to satan's spawn in a dying world of doom, così come quella rockabilly/metal (Better be fueled than tamed). La parte più ariosa, radiofonica si sarebbe detto un tempo, anch'essa immancabile, è invece deputata a Time will heal ed Acid rain. Tuttavia la formula funziona (il disco ha venduto bene, soprattutto nei Paesi europei a forte tradizione hard rock) e quindi avanti così.
Alla fine un buon ritorno per un lavoro piacevole, non ci si può aspettare, dopo vent'anni spaccati di produzione discografica, il sacro fuoco dell'ispirazione originaria. Bella cover "metal".