lunedì 23 giugno 2025

Il giorno dell'incontro (2023)

Mark Flannigan vive come uno squatter in un appartamento che cade a pezzi, come unica compagnia un gatto. Non è vecchio ma nemmeno giovanissimo. Lo vediamo alzarsi ed allenarsi a casa e per strada, inifine raggiungere una palestra dove lo attende Stevie, il suo allenatore di pugilato. Mark "The Irish" Flannigan aveva infatti toccato l'apice del successo come pugile professionista per poi cadere in una spirale di eccessi ed autodistruzione, fino alla condizione attuale. Faticosamente, la sua rete di conoscenze riesce ad organizzargli un incontro come match in fondo al cartellone al Madison Square Garden, ma prima che la giornata si concluda con il combattimento, Mike deve regolare i conti sospesi con le persone che contano nella sua vita.


Jack Huston, una lunga carriera da attore iniziata da bambino, esordisce dietro la macchina da presa con un classicissimo film sulla caduta e sulla ricerca di redenzione di un (beautiful) loser, dimostrandoci che la forza dirompente del grande cinema magari può non stare sempre in un soggetto geniale o una sceneggiatura "ad orologeria", ma anche nella potenza gentile di una messa in scena semplice, pulita ma dannatamente efficace ed emozionante e nella performance di attori che probabilmente potevano ambire ad un posto più importante nello stardom americano in relazione alle proprie capacità. O semplicemente sono io che ho sempre avuto un debole per Michael Pitt, qui in grado di regalarci un'interpretazione indimenticabile.

Ma dicevo del canovaccio abusato alla base del film. La storia contiene diversi clichè, a partire dalla boxe (a mani basse lo sport più cinematografico) come metafora della vita, un arte nobile che può lavare via, purificare ogni cosa, chiudere un percorso catartico. Mettiamoci poi che Huston non si tiene nel ricorrere allo stimolo lacrimale plurimo (cito per sintesi Jessica, l'ex moglie di Mike, che esegue al piano una versione straziante di Have you ever seen the rain, l'incontro di Mike all'ospizio con il padre interpretato da Joe Pesci) e un finale che tutto è meno che sorprendente, e ci sarebbero tutti gli ingredienti per derubricare il film ad inutile scopiazzatura.

In realtà tutti questi clichè che riportano ad altre pellicole (dal primo Rocky a The wrestler, da Stasera ho vinto anh'io a The fighter) non inficiano la resa complessiva, anzi. Merito della scelta di un bianco e nero che rapisce, di una New York talmente persa nel tempo (i settanta, probabilmente) da apparire come una sorta di spazio metafisico, un purgatorio dal quale il protagonista può uscire attraverso una redenzione ma solo alla fine di una traiettoria nella quale è costretto a rivivere tutti suoi traumi. Insomma, si vede che Huston ha bazzicato Martin Scorsese. Buono il lavoro complessivo del cast (Ron Perlman, Joe Pesci, Nicolette Robinson, John Magaro, Steve Buscemi) ma senza l'interpretazione tutta per sottrazione, minimale, emozionante di Michael Pitt, probabilmente il risultato non sarebbe stato lo stesso. 
Mi maledico per averlo perso al cinema.

Disponibile su Sky

3 commenti:

Kris Kelvin ha detto...

Lo vidi a Venezia un paio di anni fa, e mi colpì molto. E' raro vedere un film indipendente con così tanti "camei" di attori famosi: segno che ognuno di loro ha dato volentieri il suo contributo per un'opera che in effetti è davvero notevole per essere un esordio. Con lode a Pitt, la cui interpretazione lascia il segno.

monty ha detto...

Vero. Il bianco e nero poi, quando è usato con tecnica e passione, rappresenta sempre un plus

MRS DEJANA IVICA ha detto...
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