lunedì 1 giugno 2020

Biff Byford, School of hard knocks

BIFF BYFORD - School Of Hard Knocks

Anche se sono due (Byford e il chitarrista Paul Quinn) i membri storici dei Saxon presenti dal primo disco del 1979, tre se consideriamo anche Nigel Glocker, con la band dal 1981, è innegabile che ormai l'inossidabile gruppo inglese sia a tutti gli effetti una one man band saldamente nelle mani di Peter Rodney "Biff" Byford.
Pertanto, se il cantante ha sentito l'urgenza di uscire con un disco a proprio nome ad oltre quattro decenni dal suo debutto, avrà avvertito anche l'impellente esigenza di dire cose diverse da quelle espresse con il monicker che l'ha reso famoso, almeno in ambito heavy metal. 
Giusto?
Evidentemente no, perchè, nonostante i primi versi dell'opener Welcome to the show ("I've been waiting for this ever / and now we're here"), non si capisce davvero il senso di un disco che fondamentalmente non si discosta dalla roba dei Saxon.

School of hard knocks dietro una copertina, quella sì molto suggestiva e lontana dalle cover saxoniane, arriva dopo un brutta battuta d'arresto causata da serie complicazioni alla salute di Byford che l'hanno costretto prima ad un'operazione al cuore e poi ad un ovvio periodo di inattività, ma non lascia respirare all'ascoltatore nessuna emozione particolare legata all'eccezionalità del progetto o ai problemi dell'autore.
Il disco muove infatti su sintonie che spostano impercettibilmente il baricentro heavy dei Saxon su di un hard rock comunque molto robusto, con pezzi che, se ascoltati su uno dei recenti dischi della band, non avrebbero dato adito a nessuno di notare la differenza (Welcome to the show; la title track; Worlds collide; Pedal to the metal; Hearts of steel). 
Le poche divagazioni sono da ricercare col lanternino: nel break di genere progressive di The pit and the pendulum e nel trittico finale: la cover di Throw down the sword degli Wishbone Ash (ancora dalle parti del prog), la ballata pop folk You and me (dedicata alla moglie) e forse nella growin ballad classic rock Black and white (anche se il profumo è quello dei Saxon periodo glam).

Non un brutto disco, intendiamoci, ma un'operazione superflua quello probabilmente sì. E dire che tutto ci aspettavamo dal nostro Biff meno che fosse così poco coraggioso nel prendersi una vacanza dai suoi luoghi abituali.

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