lunedì 3 febbraio 2020

Sorry, we missed you

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Si torna di nuovo a scuola di cinema impegnato per farci spiegare da Ken Loach, l'unico che riesce (o forse l'unico a cui lo fanno fare) ad accendere i riflettori sulle condizioni del lavoro, anche del nuovo lavoro, in queste nuove metropoli ipermoderne, liquide, tecnologiche, "smart", ma che quando si tratta di sfruttare i lavoratori continuano imperterrite a copiare i modelli di cento anni fa.
Il titolo del film dice già molto, riportando la frase che compare sugli avvisi che i corrieri lasciano per avvisarci che sono passati con il nostro pacco quando non ci trovano a casa, e quindi lasciando intendere che si parla del nuovo lavoro del "driver", cioè di quel lavoratore incastrato in un ruolo tra subordinato (perchè lavoro per conto terzi) ed autonomo (perchè proprietario del mezzo), così da riuscire nel capolavoro capitalista di accumulare tutti gli svantaggi di entrambe le condizioni.

Ma, siccome quando si parla di Ken Loach, le cose non sono mai solo ed esclusivamente come sembrano, ecco allora che dentro la famiglia proletaria di Newcastle del "driver" Rick Turner (Kris Hitchen), oltre alla moglie Abbie (Debbie Honeywood), non meno sfruttata del marito nel suo lavoro di badante/infermiera a ore, emerge la storia del "problematico" figlio adolescente Seb (Rhys Stone, bravissimo).
E così ci vuole un ottuagenario (e lo storico sceneggiatore Paul Laverty) per spiegare a tanti genitori che si trovano nella condizione di Rick cosa passa per la testa di un quindicenne, gli sbalzi d'umore, l'indifferenza che diventa improvvisamente allegria, l'incomunicabilità che, a volte, si scioglie in un attimo. Oltre a questo il fallimento dell'istituzione scolastica, coi ragazzi che sembrano davvero privi di qualunque rete di protezione, mostrati attraverso il fato dell'amica di Seb.

Davanti ad un (ennesimo) film così, si perdona a Loach anche qualche eccessivo ricorso alla commozione facile dello spettatore (presente! colpito e affondato), che distoglie dall'implacabile lucida analisi della società. 
Analisi che, come sempre, è inglese nella location, ma universale nella sostanza (e nel messaggio).

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