lunedì 13 marzo 2017

The Tossers, Smash the windows


Dei tanti figli bastardi della grande epoca del combat folk (e/o del celtic punk) e quindi principalmente dei Pogues, i Tossers non sono certo quelli che hanno raccolto i maggiori consensi, nonostante la band abbia emesso i suoi primordiali vagiti qualche anno prima dei più acclamati Dropkick Murphys e Floggin Molly. Il che significa che con Smash the windows il combo di Chicago si appropinqua al suo venticinquesimo anniversario e al suo nono album di studio, senza considerare quindi altri progetti (split, EP, e live recordings).
Un buon risultato, non c'è che dire. Celebrato come si deve, con whiskey, birra e irish pride che scorre a fiumi tra le diciassette tracce di un album che consolida lo stile del gruppo, derivativo finchè volete, ma con una capacità di songwriting non comune, in grado di suonare credibile oltre che dannatamente divertente.
Per buona metà della tracklist il disco è una vera e propria frustata, con una manciata di canzoni (Erin Go Bragh, Smash the windows, la strumentale Humors of Chicago, Drinkin all the day), che, immaginate dal vivo, metterebbero a dura prova la sopravvivenza di chiunque non avvezzo al pogo che è facile prevedere si scateni sotto il palco. La parte centrale dell'album rallenta ad arte le atmosfere con un trittico di ballate che fanno perno sull'enorme traditional Danny Boy, reso in maniera solenne dal leader T. Duggins e dai suoi sodali, e che preparano il terreno ad un altro furioso punk celtico dal titolo programmatico (Whiskey) e dal richiamo più forte ai padri fondatori Pogues.
La parte finale dell'album è un pò meno coesa, ma senza mai perdere la mission aziendale, fino al secondo traditional scelto dai Tossers e deputato a chiudere il lavoro, la chiamata alle armi sotto forma di ballata The foggy dew.

E' da molto tempo che un disco con queste caratteristiche non mi divertiva così.

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