lunedì 6 luglio 2015

Steve Earle, Terraplane


La musica blues ha sempre trovato spazio nei lavori di Steve Earle, a partire dalla profetica My old friend the blues inserita nell'esordio country rock Guitar town del 1986. Nessuna sorpresa quindi che l'uomo di Fort Monroe, Virginia abbia deciso di condensare questo suo lato artistico in un'unica opera, inquadrando un'epoca (la seconda metà degli anni trenta) che ha dato alla luce sia il modello di auto Terraplane raffigurato in copertina, che Terraplane blues, il seminale pezzo inciso da Robert Johnson.
Con queste premesse il disco non poteva che avere anche nei suoni una cifra stilistica vintage, elemento questo in piena continuità con lo Steve Earle più recente, quello legato alle tradizioni rurali del folk americano e alle musiche dei padri.
Baby baby baby che apre la tracklist viaggia leggera sulle delicate ali delle chitarre acustiche, punteggiate da una doverosa armonica. La voce di Earle è pastosa e confidenziale, e si esalta su un altro cavallo di battaglia del songwriter: lo spoken, lucidato a nuovo con The Tennessee kid, ulteriore palese omaggio alla musica del diavolo e al suo mantra "hey hey hey hey" sussurrato alla fine della canzone. Better off alone, ballata in classicissimo stile earliano che racconta di cuori spezzati e storie di ordinaria solitudine, potrebbe stare in qualunque album della discografia di Steve, mentre il ragtime Baby's just as mean as me, interpretato in coppia con Eleanor Whitmore (voce e violino), aggiunge un ulteriore gusto old time al pattern complessivo dell'opera.
Ultimamente i lavori di Steve Earle escono sempre a fari spenti, li trovi sugli scaffali (fisici o elettronici) dei negozi, senza clamori ne grandi sforzi promozionali. In qualche modo anche la musica in essi contenuta si adatta a questa rilassatezza sopraggiunta nell'ultima fase della carriera dell'ex bad boy del country rock, che si è messo comodo dentro un range stilistico d'altri tempi, fatto di strumenti a corda, un sound asciutto che suona unplugged farcito di liriche adeguate e sapienti, nel solco della tradizione del singer sudista. Non si scende mai sotto l'ampia sufficienza, ma, di riflesso, si fatica ad arrivare all'eccellenza. In attesa del ritorno all'ispirazione più spettacolare è comunque un bell'accontentarsi.

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