“You've probably heard that one before. If it isn't new, and it never gets old, it's a folk song”
Llewyn Davis
La domanda da porsi, in premessa alla recensione, dovrebbe essere: è ancora possibile, dopo cinquant'anni di folk "moderno" (lo so, sembra un ossimoro) trovare un disco suonato in questo stile, che risulti convincente e sappia emozionare?
Llewyn Davis
La domanda da porsi, in premessa alla recensione, dovrebbe essere: è ancora possibile, dopo cinquant'anni di folk "moderno" (lo so, sembra un ossimoro) trovare un disco suonato in questo stile, che risulti convincente e sappia emozionare?
La risposta è affermativa.
Inside Llewyn Davis riesce ad evitare con grazia i cali di tensione propri della formula soundtrack/compilation, trovando un'omogeneità di fondo che permette di apprezzare in maniera quasi uniforme l'intera tracklist (14 pezzi) presente nell'album.
Certo, molti dei meriti vanno alla profonda empatia con il film: impossibile dimenticare le sequenze che accompagnano l'interpretazione di alcuni brani da parte di un bravissimo Oscar Isaac nei panni dello sfortunato Davis, personaggio ispirato ai fratelli Coen da Dave Van Ronk, folksinger contemporaneo di Dylan, credo però di poter affermare che recuperi di traditional come Hang me, oh hang me o Fare thee well (nel quale si sente, eccome se si sente, la mano di Marcus Mumford) avrebbero potuto essere tranquillamente apprezzati anche senza l'ausilio delle suggestive immagini del grande schermo.
Il soundtrack, esattamente come la pellicola, trova un magico equilibrio tra ingenuità, impegno sociale e una profonda malinconia, elementi caratteristici del periodo storico, che trovano efficace rappresentazione in musica attraverso la sognante Five hundred miles (interpretata da Justin Timberlake, Carey Mulligan e Stark Sands); la spensierata Please Mr Kennedy (ancora Timberlake con Isaac e Adam Driver) e l'evocativa The Death of queen Jane (Isaac). Spiazza invece la scelta del produttore T-Bone Burnette di includere nel lavoro anche la classica irish death song The auld triangle (dal testo del poeta irlandese Brendan Behan, messa in musica dai Dubliners e suonata in seguito dai Pogues nel loro debutto), ma anche qui niente da dire: la versione "a cappella" che ci regalano Mumford e Timberlake è impeccabile.
Doverosa invece la chiusura con Bob Dylan (Farewell in versione inedita e acerba) e con l'ispiratore del progetto dei Coen, cioè Dave Van Ronk, dal cui repertorio viene proposta Green, green rocky road (presente anche nella versione di Isaac).
Tra i dischi dell'anno.
2 commenti:
Ma..la soundtrack non è appunto "la"? Dopo molti ascolti e molte meditazioni trovo che "One Hundred Miles" e "The last thing on my mind" sembrano quasi delle versioni...un pò false delle canzoni che canta Llewin...Lui ha sangue e cuore...e gli altri sono tutti un pò finti...Grande disco, comunque.
Sull'articolo davanti a soundtrack non saprei, mi è venuto così. Probabilmente hai ragione tu
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