lunedì 5 novembre 2012

New wave of american country music, 9


Jamey Johnson, classe 1975, è considerato uno dei migliori artisti di true country in circolazione. Uno di quelli, per intenderci, che è apprezzato anche nei circoli buoni della critica che normalmente non si occupa di questo genere musicale. Forse perchè Jamey, oltre ad aver dimostrato un talento fuori dal comune con i suoi recenti lavori The lonesome song e The guitar song, esterna la sua passione per questi ritmi solo attraverso la musica, evitando ad esempio  cafonaggini e clichè, considerati necessari dall'industria di Nashville, nell'abbigliamento.

E qual'è il passo che certifica l'ingresso di un artista nell'olimpo degli interpreti country? Esatto, l'album di duetti con ospiti prestigiosi. Johnson colma questa distanza scegliendo di omaggiare con Living for a song la penna prolifica di Hank Cochran, autore dietro a numerosi successi di Patsy Cline, Ray Price, Merle Haggard, George Strait e altri, scomparso nel 2010. A coadiuvarlo probabilmente il meglio, presente e passato, della musica terrona  USA.
Si parte, per dire, con Alison Krauss e la dolciastra Make the world go away, più sintonizzata su frequenze crooner che country. Canone questo che si ripeterà di nuovo nel corso della tracklist e che richiama in misura inequivocabile il cantato di Raul Malo (con Mavericks) di Songs for all occasions.

A seguire l'intensa I fall to pieces insieme al monumento Merle Haggard, che è ancora incorniciata da un piano jazzy. Per ascoltare un violino su un ritmo pigramente honky-tonk bisogna attendere A way to survive, la traccia numero tre. Accantonato Don't touch me, il duetto con Emmylou Harris, e il boogie I don't do windows assieme agli Asleep at the wheel c'è spazio per l'inglese Elvis Costello che si misura con il languido She'll be back.

Dopo un paio di episodi nei quali l'honky-tonk incalza (The eagle, con George Strait e A-11 con Ronnie Dunn), entrano in campo i veterani della country music. Con il petto pieno di medaglie e le ferite di una vita borderline gli outlaw Willie Nelson e Kris Kristofferson, prima da soli (Don't you ever get tired of hurting me e Love makes a fool of us all) e poi nella festa finale rappresentata da Living for a song, alla quale partecipano anche Merle Haggard e, attraverso il recupero delle registrazioni del brano originale, lo stesso Hank Cochran, mettono il sigillo ad un lavoro sincero, appassionato e riuscito. 

7/10

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