Amore bugie e calcetto è una piacevole scoperta.
Una commedia divertente e leggera che, pur avendo nel DNA , da una parte il rischio di scivolare nello stile televisivo da fiction (in effetti un paio di interpreti arrivano da lì, e altri sembrano uscire da uno spot del Carte D’or Algida), e dall’altra di essere strozzata dalla presenza di Bisio ( spesso fuori registro nelle sue prove cinematografiche), riesce invece a restare sul filo di questo rasoio senza cadere mai.
Non so quanto del merito sia del regista Lucini, della sceneggiatura o dell’affiatamento del cast, ma insomma chissenefrega. Il film funziona.
La trama è piuttosto elementare: l’intreccio delle storie personali di un gruppo di amici che condivide la passione per il calcetto, e che gioca insieme da anni.
Ognuno dei protagonisti occupa un ruolo nella società, dall’imprenditore di successo, al consulente fighetto, all’operaio, allo studente.
Ultimo il giornalista Battiston, caffeinomane e tabagista, divorziato e, suo malgrado, saggio del gruppo, con un passato da calciatore semiprofessionista, che però, data la stazza e la condizione atletica, entra in campo solo pochi secondi a partita, per tirare le punizioni (in tutto il campionato gioca tre minuti e fa 18 gol): è Il Mina (soprannome dato ovviamente per via della potenza dei suoi tiri) il vero perno attorno al quale ruotano tutti i personaggi e la storia stessa.
A Bisio fanno fare il bauscia, e quindi probabilmente non deve nemmeno sforzarsi di recitare, mentre per Angela Finocchiaro c’è un simpatico ruolo da non protagonista, anche questo costruito sulle sue corde.
In alcuni momenti delle partite è impossibile non tracciare similitudini e paralleli con i caratteri dei propri, reali e scalcagnati, compagni di squadra (fenomenale in questo senso il personaggio de “il Venezia”), lo stesso dicasi per il cameratismo da spogliatoio, nel quale emergono tutti i luoghi comuni legati a questo contesto.
Poi ci sono i rapporti con l’altra metà del cielo…Fidanzate, amiche, amanti, mogli, ex-mogli. Si passa con disinvoltura a momenti di ilarità o di analisi banalotte, ad altri di malinconia (merito quasi sempre di Battiston) .
Così come accade nella vita reale, probabilmente.
Il campetto di erba sintetica come metafora della vita, o per dirla come Nereo Rocco, citato alla fine dal Mina: “in campo ti comporti come nella vita”.
In pratica, se vuoi capire il vero carattere di una persona, guarda come gioca a calcio.
In effetti, più penso a tutte le persone che ho conosciuto sui campi di calcio e fuori e più mi convinco della giustezza scientifica di questa massima.
Una commedia divertente e leggera che, pur avendo nel DNA , da una parte il rischio di scivolare nello stile televisivo da fiction (in effetti un paio di interpreti arrivano da lì, e altri sembrano uscire da uno spot del Carte D’or Algida), e dall’altra di essere strozzata dalla presenza di Bisio ( spesso fuori registro nelle sue prove cinematografiche), riesce invece a restare sul filo di questo rasoio senza cadere mai.
Non so quanto del merito sia del regista Lucini, della sceneggiatura o dell’affiatamento del cast, ma insomma chissenefrega. Il film funziona.
La trama è piuttosto elementare: l’intreccio delle storie personali di un gruppo di amici che condivide la passione per il calcetto, e che gioca insieme da anni.
Ognuno dei protagonisti occupa un ruolo nella società, dall’imprenditore di successo, al consulente fighetto, all’operaio, allo studente.
Ultimo il giornalista Battiston, caffeinomane e tabagista, divorziato e, suo malgrado, saggio del gruppo, con un passato da calciatore semiprofessionista, che però, data la stazza e la condizione atletica, entra in campo solo pochi secondi a partita, per tirare le punizioni (in tutto il campionato gioca tre minuti e fa 18 gol): è Il Mina (soprannome dato ovviamente per via della potenza dei suoi tiri) il vero perno attorno al quale ruotano tutti i personaggi e la storia stessa.
A Bisio fanno fare il bauscia, e quindi probabilmente non deve nemmeno sforzarsi di recitare, mentre per Angela Finocchiaro c’è un simpatico ruolo da non protagonista, anche questo costruito sulle sue corde.
In alcuni momenti delle partite è impossibile non tracciare similitudini e paralleli con i caratteri dei propri, reali e scalcagnati, compagni di squadra (fenomenale in questo senso il personaggio de “il Venezia”), lo stesso dicasi per il cameratismo da spogliatoio, nel quale emergono tutti i luoghi comuni legati a questo contesto.
Poi ci sono i rapporti con l’altra metà del cielo…Fidanzate, amiche, amanti, mogli, ex-mogli. Si passa con disinvoltura a momenti di ilarità o di analisi banalotte, ad altri di malinconia (merito quasi sempre di Battiston) .
Così come accade nella vita reale, probabilmente.
Il campetto di erba sintetica come metafora della vita, o per dirla come Nereo Rocco, citato alla fine dal Mina: “in campo ti comporti come nella vita”.
In pratica, se vuoi capire il vero carattere di una persona, guarda come gioca a calcio.
In effetti, più penso a tutte le persone che ho conosciuto sui campi di calcio e fuori e più mi convinco della giustezza scientifica di questa massima.
2 commenti:
"In pratica, se vuoi capire il vero carattere di una persona, guarda come gioca a calcio."
Ho sempre sostenuto questa teoria.
Si capisce tanto delle persone, da come giocano: iz trù!
finalmente ho visto il film.
è molto carino.
la regia piacevole; i personaggi ben cotruiti anche se tendenti allo stereotipo.
Nigro e la Pandolfi talmente bravi da risultare veri; fin troppo veri, ne so qualcosa.
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