giovedì 16 maggio 2019

Backyard Babies, Sliver and gold

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Pur essendo storicamente appassionato di quel genere debosciato di metal che attraversa varie definizioni, dallo sleaze al glam all'hair fino all'AOR, sono ancora tante le band che, pur bazzicando in giro da anni, non ho mai ascoltato.
Una di queste risponde sicuramente al monicker Backyard Babies, svedesi di Nässjö che debuttano nel mondo discografico nel 1994 e in venticinque anni licenziano otto lavori, ultimo dei quali è appunto Sliver and gold (laddove il termine "argento" è sostituito con "scheggia").

Il disco è indubbiamente energico e ben suonato, saldamente collocato dentro quell'ampio perimetro stilistico che descrivevo brevemente in premessa, ci si può divertire coi riferimenti, dai primi Bon Jovi ai Poison (Shovin' rocks) da semi plagi dei Blue Oyster Cult (quanto Yes to all no ricorda Don't fear the reaper?), nonchè coi richiami al punk californiano e ai Green Day di Dookie (Simple being sold).
La seconda parte dell'album prevale a mio avviso sulla prima, con un paio di poderose kickass (44 Undead e A day late in my dolla shorts).
Dieci canzoni, come ai vecchi tempi, la ballata inserita al termine della tracklist, come ai vecchi tempi, un buon, corroborante lavoro, come ai (vecchi) tempi che furono e che, grazie a band come i Backyard Babies ancora un pò sono.

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