lunedì 21 aprile 2025

Recensioni capate: Chi è senza colpa (2014)



Il belga Michael R. Roskam, già autore del durissimo e disturbante Bullhead, confeziona qui un noir 100% americano, dalle atmosfere quasi neorealiste, magistrale nel descrivere le periferie newyorkesi quasi come metafora delle periferie dell'impero capitalista, dove vige la rassegnazione, le uniche regole sono quelle che ciascuno riesce a imporsi e la polizia è anch'essa rassegnata a non essere mai risolutiva, nelle faccende che contano. 
Ovvio che confezione e messa in scena sono rilevanti, ma a fare bum è la coppia principale di interpreti, un Tom Hardy monumentale, che lavora tutto per sottrazione e che ci mostrava in embrione il grande interprete che poteva (e che può ancora, se molla le americanate/bancomat) diventare e un James Gandolfini, qui al suo ultimo ruolo (il film uscirà dopo la sua morte), semplicemente commovente, grazie ad un personaggio regalatogli da Roskam, che nel suo essere cinico, disperato, votato alla sconfitta, è davvero il ruolo (filmico, ovviamente) della vita. Molto convincenti anche il "villain" (le virgolette sono d'obbligo...) interpretato da Matthias Schoenaerts e il detective John Ortiz, mentre Noomi Rapace ha una parte più canonica.
Spiace, ma comprendo sia una cosa mia, che la grammatica noir del film sia "guastata" dall'ultima sequenza immediatamente prima dei titoli di coda. Ma, vedendo ciò che Roskam è stato in grado di fare, in termini di spietatezza nei confronti dello spettatore, con Bullehead, ho l'impressione che quella scena non sia farina del suo sacco, bensì imposta dalla produzione.


martedì 15 aprile 2025

Hayes and the Heathens, ST (2024)


Quello per Hayes Carll è stato un amore fulminante e intenso, prova ne siano i tanti post pubblicati sull'artista texano dal 2008 in poi (tutti taggati a suo nome) che ti puoi dilettare a trovare sul blog. Devo ammettere però che la piega musicale più recente, intimista, introspettiva, presa da Hayes, pur continuando ad evidenziare un ottimo songwriting, discostandosi dai primi quattro lavori, e in particolar modo dall'apice di Trouble in mind e KMAG YOYO, gli aveva fatto smarrire, almeno alle mie orecchie, quell'elemento distintivo che me l'aveva fatto apprezzare. 
Alla fine del 2024 l'artista è tornato a pubblicare un album coadiuvato dai Band of Heathens un gruppo originario di Austin (una delle scene più vivaci e interessanti della scena texana) attivo, come Carll, da quasi mezzo secolo, che si muove perfettamente a suo agio in tutte le sfumature del genere americana e che trova sul palco la sua collocazione naturale. 

Il risultato è un disco clamorosamente bello e inaspettato, nel quale tutti gli attori si trovano a meraviglia, Hayes recupera l'aspetto più scanzonato e divertente delle sue liriche, come il brano d'apertura, Nobody dies from weed, sulla legalizzazione della maria, dimostra perfettamente (Some folks dies from being dumb / but nobody dies from weed), ma è proprio l'alleanza artistica a funzionare armoniosamente, a giovarsi del suono full band che ci permette di passare, nella modalità più spontanea possibile, dal southern di Any other ways ad una country song di livello (See how they run), ad un blues elettrico sferzante (Nothin' to do with your love), agli highlights dell'album: una sontuosa, in magico equilibrio tra Tom Petty e Bruce Springsteen, Water from the holy (cantata da Ed Jurdi degli Heathens), e una love song ispirata, emozionante, Adeline, intonata da Carll.

Otto pezzi per poco più di mezzora di musica, nella quale si concentra però un elegante sunto di cosa significhi suonare americana di gran classe, nel primo quarto di secolo dei duemila. 
Gioiellino.

lunedì 7 aprile 2025

La città proibita


La tratta di esseri umani dalla Cina porta un carico di giovani donne destinate, a seconda, al lavoro clandestino, ai massaggi o alla prostituzione. Una di loro però ha un piano diverso con un obiettivo preciso e non è quello di finire vittima del racket.

Ci sono tante ragioni per cui un amante del cinema di genere possa essere felice per un film come
La città proibita, oltre che cautamente ottimista su un ritorno a questa grammatica cinematografica di intrattenimento (noir, horror, fantascienza, thriller, action, western) da parte di un'industria di settore, quella italiana, che in passato tanto ha dato a codesto ambito. Ottimista perchè, dopo l'insperato capolavoro di Andrea Di Stefano (L'ultima notte di amore), dopo i Diabolik (qui e quidei Manetti, dopo Lo chiamavano Jeeg robot e Freaks out di Mainetti (per restare alle produzioni più mainstream, ma molto si è smosso anche a livello di budget contenuti) qualcosa sembra decisamente rinascere. Cauto perchè, purtroppo, il responso del pubblico nostrano, carburante indispensabile della cinematografia di genere, va dal tiepido al freddo. 

La città proibita è una pellicola priva di imperfezioni? Decisamente no. Però Mainetti ha palle come cocomeri e incoscienza da vendere a buttarsi, oggi, in un'impresa folle come un film di arti marziali italiano.
Su come gira, magistralmente, c'è poco da dire e lo stesso vale per la capacità di messa in scena. A tal proposito tutta la sequenza iniziale che si conclude con la fuga dal ristorante cinese della protagonista Yaxi Liu, in cui da un non-luogo di schiavitù nelle viscere della terra, passando per un'anonima sala di ristorante, finiamo per strada, e scopriamo di essere dentro uno dei tanti quartieri multietnici, variopinti e caciaroni, di Roma, l'Esquilino, è qualcosa di notevole.

Come detto, non tutto funziona a dovere, in particolar modo nel secondo atto, nel quale assistiamo all'inizio della relazione tra Marcello (Enrico Borello, perfetto per il ruolo) e Xiao (Yaxi Liu, pescata dalle controfigure/stunt del cinema cinese, brava e intensa) che forse evidenzia la distanza ancora esistente tra il nostro action, acerbo, e quello fatto bene. I villain invece, che in queste produzioni, a mio avviso, devono necessariamente essere sopra le righe come quelli dei fumetti, sono azzeccati. Giallini, che fa Annibale, esponente di certa criminalità romana decaduta (il "Terribile" da anziano, se fosse sopravvissuto?), e tale Shanshan che interpreta il luciferino Mr Wang, con le loro contraddizioni e debolezze (uno l'amore per la famiglia di Marcello, non avendone una sua, l'altro per il figlio che lo ha ripudiato) sono funzionali al tipo di racconto.

Essere riusciti a produrre un film di questo tipo, in Italia, nel 2025, lo vivo con grande orgoglio patriottico. Per questo il giudizio che riconosco alla pellicola è magari superiore al valore oggettivo dell'opera. Accettiamo, o almeno proviamoci, la sfida di chi è più avanti di noi (Francia, Spagna, le inarrivabili Hong Kong e Corea del Sud che girano i combattimenti spesso in piano sequenza) e giochiamocela "rieducando" il pubblico a questo tipo di film fatto in casa. E' una risalita complessa e a grande rischio (soprattutto di abbandono per rinuncia dei produttori) ma non vedo altre strade se non quella di insistere.
Hold on Gabriele, hold on.

giovedì 3 aprile 2025

My favorite things, marzo 2025

ASCOLTI

Almamegretta, Sanacore
The Murder Capital, Blindness
Umberto Palazzo e il Santo Niente, La vita è facile
Gang, Tra silenzi e spari
Darkside, Nothing
Tom Keifer, Rise
Architets, The sky, the earth and all between
Hayes & the Heathens, ST
Ryan Adams, Nebraska
The Lemon Twigs, A dream is all we know
Franti, Il giardino delle quindici pietre
The Reverend Peyton's Big Damn Band, Honeysuckle
Spiritbox, Tsunami sea
Rory Gallagher, Fresh evidence













Playlist/Monografie

AAVV, 70's Glam rock
AAVV, 90's Brit pop
Joe Bonamassa
Teatro degli Orrori


VISIONI

La spia - A most wanted man (3,75/5)
A real pain (3,75/5)
La memoria dell'assassino (2,5/5)
Il colpo del leone (2/5)
Bastion 36 (3,75/5)
Mickey 17 (3,75/5)
Gli indesiderabili (3,75/5)
La città proibita (4/5)
The union (1,5/5)
Best seller (1987) (3/5)
Late night with the devil (3,75/5)
Fino alla fine (2,25/5)
Holland (2,25/5)

Visioni seriali

La prova, quattro episodi (3,25/5)


LETTURE

Don DeLillo, Underworld