giovedì 8 luglio 2021

Appunti di un venditore di donne (2021)

Milano, 1978. Bravo è un magnaccia che procura donne all'alta società. Ha con le sue ragazze un rapporto di rispetto, lasciandole di libere di accettare o meno un lavoro, così come di smettere quando lo desiderino di prostituirsi. Nasconde a tutti, anche all'amico Daytona e al sodale barman del suo night di appoggio, il proprio passato tragico ed una terribile menomazione subita. Una notte, su richiesta di Daytona che gliela indica, convince una ragazza qualsiasi (Carla) a fare sesso con l'amico in cambio di soldi. Da quel momento inizierà un'escalation di eventi che, nella Milano del 1978, farà convergere sulla strada di Bravo terrorismo, corruzione politica, mafia e il suo passato.

Cerchiamo di riprendere faticosamente possesso del genere, ed in particolare di quello noir attraverso la trasposizione di un romanzo di Giorgio Faletti che passa direttamente sul piccolo schermo. L'operazione (a me) fa sicuramente piacere, ma ciò non basta purtroppo a giustificare moti di esagerato entusiasmo. Sì perchè se Appunti di un venditore di donne si fa ricordare è, a mio sommesso avviso, solo per una ragione, vale a dire la stupefacente interpretazione (molto poco italiana) del misconosciuto Mario Sgueglia nei panni del protagonista Bravo. Sgueglia, che non conoscevo e che, nonostante la non verdissima età (classe 1979),  ha una filmografia, tra cinema e televisione, abbastanza contenuta, fornisce probabilmente la prova della vita grazie alla sua capacità di dare vita ad un personaggio tragico e affascinante, che trasforma un mestiere ripugnante (il protettore) quasi in un'arte virtuosa. 

Purtroppo devo fermarmi qui con gli aspetti positivi della pellicola che, pur godendo di una storia atipica e, teoricamente, di una buona mano in regia (Fabio Resinaro, dietro alla mdp per l'interessante Mine e l'ottimo Dolceroma), non fornisce altri spunti di rilievo. 
Il resto del cast non si avvicina nemmeno al livello del protagonista: Paolo Rossi (Daytona) è impalpabile, a Francesco Montanari viene affidato un ruolo (il barman cieco) totalmente inverosimile, Miriam Dalmazio (Carla) fa del suo meglio senza però convincere appieno e Michele Placido (il politico) è talmente spaesato da sembrare passi di lì per caso. Si salva forse Antonio Gerardi (il boss) ma solo perchè con un ruolo così, dopo aver fatto il Sardo in Romanzo Criminale, inserisce il pilota automatico. 
Da rivedere anche i dialoghi (calligrafici), i costumi (siamo nei settanta!), e le scene d'azione, con l'apice di un inseguimento in auto involontariamente comico, nel quale manca solo che i due protagonisti, tallonati dalla pula, si mettano d'accordo su cosa mangiare a cena. Non fosse già morto, Enzo G. Castellari, ci sarebbe restato secco. 
Comunque sia, meglio un film imperfetto che scommette sulla rinascita del genere in Italia (ma per cortesia, non bestemmiamo paragonandolo a quel gioiello di Soavi che risponde al titolo di Arrivederci amore ciao) piuttosto che l'ennesimo drammone esistenziale con protagonisti i soliti quaranta/cinquant'enni. 
E poi, grazie a questo film, potremmo aver guadagnato un insperato nuovo protagonista del poliziesco nostrano: Mario Sgueglia. Fatelo lavorare!


Il film è in programmazione su Sky

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