giovedì 21 giugno 2018

Judas Priest, Firepower

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Basterebbe confrontare qualche pezzo a caso dagli ultimi tre dischi dei Judas (Angel of retribution; Nostradamus e Reedeemer of souls) con Firepower, per rendersi immediatamente conto della differenza stilistica tra quei lavori e questo. Laddove c'era un suono cupo, oscuro, pessimista, a tratti magmatico, qui ritroviamo, dietro una copertina passatista, il marchio di fabbrica sonoro che ci ha fatto conoscere e amare la band. 
Con Firepower si torna al classicissimo sound chitarristico a due asce, ad un Rob Halford magari meno performante ma sempre convincente, ai refrain che tagliano come lame, ad un brand insomma che risorge quando sembrava ormai irrimediabilmente confinato ai lavori di repertorio.
Difficile scovare oggi un disco che contenga così tanti brani illuminati uno impilato sull'altro, ad ascoltare la title track, Lightning strike, Evil never dies, Never the heroes, Necromancer, Children of the sun e No surrender sembra quasi di trovarsi al cospetto di un greatest hits, tanta è l'eccellenza dei pezzi. 
Ma anche quando si esce dalla comfort zone del combo, con un pezzo più "moderno", oserei dire con sfumature stoner, quale è Lone wolf, i risultati sono comunque apprezzabili.

L'operazione dei Priests di certo ha poco di spontaneo e tanto mestiere, tuttavia non è così semplice decidere a tavolino di tornare ad un sound che incontri il favore dei fan storici e poi mettere in pratica i propri intendimenti riuscendo a sfornare composizioni all'altezza.
Qui il nucleo storico della band, Rob Halford e Ian Hill (voce e basso), classe 1951 oltre a Glen Tipton, classe 1947 (che ha partecipato ai lavori di realizzazione del disco, dovendo però in seguito rinunciare a seguire la band in tour, a causa di un peggioramento del morbo di Parkinson, che lo affligge da tempo), centrano invece in pieno l'obiettivo, a pochi mesi dal cinquantesimo anniversario dalla formazione del gruppo (1969, anche se l'esordio discografico è di cinque anni dopo), con un lavoro che nelle sue quattordici tracce, per un'ora di durata, non annoia mai.

Impossibile chiedere di più, oggi, a questa band. 
Anzi, per dirla tutta il fatto di avere per le mani un lavoro come Firepower è un regalo completamente inaspettato per la categoria dei fan attempati dell'heavy metal alla quale indubbiamente appartengo.

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