lunedì 25 giugno 2018

Brian Fallon, Sleepwalkers

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Messi a riposo i Gaslight Anthem , ecco tornare con la seconda prova solista colui che dei GA è il leader: Brian Fallon. 
Il trentottenne di Red Bank (NJ), dopo aver guidato la precedente band ad un esordio (2007) contraddistinto da un'interessante contaminazione tra certa new wave inglese e il blue collar rock americano, ha via via spostato il baricentro dei Gaslight Anthem verso un rock più muscoloso, senza però mai abbandonare una forte vena poetica e una capacità melodica tutt'altro che banale.
Successivamente, nel suo esordio da solista, aveva smussato alcune asperità del suono dei GA, mantenendo comunque un legame molto forte con quell'esperienza, per un risultato più che onorevole.

Tre anni dopo Brian torna con un'altra raccolta di canzoni nelle quali, già dai primi secondi dell'opener If your prayers don't go to heaven, risulta riconoscibilissima la sua personalissima impronta.
Già, perchè Brian Fallon è probabilmente l'ultimo cantore di quel romanticismo da strada che tanto aveva impregnato i primi tre dischi di Springsteen (nel disco i riferimenti al Boss sono naturalmente presenti, ma più concettualmente che stilisticamente). Le sue composizioni sono prevalentemente midtempos, nelle quali schiocchi della dita o mani battute sono la soluzione più spontanea per accompagnarne l'ascolto, e nelle quali i riferimenti a relazioni tormentate, malesseri generazionali, uniti ai costanti, più o meno espliciti, riferimenti alle radici musicali dell'autore (Etta James, titolo della traccia numero quattro, ma anche gli Stones e Elvis Costello) rappresentano una costante. 
Il disco è così, avvolto in una elegante omogeneità che ad un ascoltatore distratto potrebbe suonare come sinonimo di ripetitività e che invece, se lasciata sedimentare, schiude delle piccole perle, con notevoli picchi emotivi quando, nel caso della title track, alla strumentazione tradizionale si aggiunge un'elegante sezione fiati.

Insomma, Sleepwalkers non sarà certo disco dell'anno ma di certo torna a consegnarci un autore che difende con passione il fortino del rock poetico.



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