Anno discografico formidabile, questo 2011. Al punto che, prima di parlare dei miei preferiti dell’anno, vorrei citare una lista di album che non sono riuscito ad ascoltare. Già, perché oltre a sentire molta musica nuova spesso ho ceduto al caldo e confortevole abbraccio di quella del passato, il che mi ha chiaramente sottratto del tempo. Ma torniamo a monte. Parlavo dei titoli persi. Avrei voluto trovare degli slot liberi per approfondire la conoscenza delle uscite 2011 di Casino Royale; PJ Harvey; Taking Back Sunday; Battles; Zen Circus; St. Vincent; Beirut; Cake; Incubus, Iron and Wine; Bon Iver; Paul Simon; Feist; Joe Henry; Beastie Boys; I Cani; I Fratelli Calafuria; The Vaccines; Css; Dave Alvin; The Answer; The Horrors e invece proprio non ce l'ho fatta. Se pensate che molti di questi titoli furoreggiano nelle liste riassuntive di più d'un soggetto di critica musicale, vi renderete conto ancora una volta di quanto poco sia autorevole la mia top ten. Poco male, perlomeno nessuno potrà accusarmi di plagio e comunque non è detto che non rimedi in seguito, inserendo qualcuno degli artisti sopra citati nei prossimi classificoni di fine anno sotto la voce "recuperi". Bando alle ciance e scaliamo la chart.
#10. FOO FIGHTERS – Wasting light
Nessuna pretesa e niente fronzoli. Grohl e i suoi mostrano i muscoli e non sfigurano affatto. Con ogni probabilità il miglior hard rock popolare oggi in circolazione.
#9. HANK III – Guttertown
Dall’alto della mia posizione di irriducibile fan di Hank the third lo posso dire: questa quadrupla release che ha visto la luce a settembre si è rivelata una profonda delusione. Si salva solo un titolo dei quattro, che paradossalmente non dovrebbe avere nemmeno vita propria visto che si tratta di una sorta di B-side di Ghost to a ghost. E invece la stupefacente follia psycho-cajun che contraddistingue l’opera mantiene in sella al cavallo imbizzarrito del country indipendente il nipote di Williams senior.
#8. 99 POSSE – Cattivi guaglioni
L’ho già scritto nella recensione. Avvertivo un bisogno quasi fisico del ritorno dei disobbedienti napoletani. A giudicare dal pus che esce dalle loro ferite aperte ne avevano bisogno anche loro. Tanta, tanta rabbia repressa che finalmente deflagra fuori controllo spazzando via ipocrisie e denunciando diseguaglianze.
#10. FOO FIGHTERS – Wasting light
Nessuna pretesa e niente fronzoli. Grohl e i suoi mostrano i muscoli e non sfigurano affatto. Con ogni probabilità il miglior hard rock popolare oggi in circolazione.
#9. HANK III – Guttertown
Dall’alto della mia posizione di irriducibile fan di Hank the third lo posso dire: questa quadrupla release che ha visto la luce a settembre si è rivelata una profonda delusione. Si salva solo un titolo dei quattro, che paradossalmente non dovrebbe avere nemmeno vita propria visto che si tratta di una sorta di B-side di Ghost to a ghost. E invece la stupefacente follia psycho-cajun che contraddistingue l’opera mantiene in sella al cavallo imbizzarrito del country indipendente il nipote di Williams senior.
#8. 99 POSSE – Cattivi guaglioni
L’ho già scritto nella recensione. Avvertivo un bisogno quasi fisico del ritorno dei disobbedienti napoletani. A giudicare dal pus che esce dalle loro ferite aperte ne avevano bisogno anche loro. Tanta, tanta rabbia repressa che finalmente deflagra fuori controllo spazzando via ipocrisie e denunciando diseguaglianze.
#7.THE DECEMBERIST – The King Is Dead
Analogamente a quanto accaduto per altre bands (mi vengono in mente I Low di The great destroyer) la scintilla per I Decemberist si è accesa con un disco che devia strutturalmente dalla cifra stilistica del gruppo. The king is dead spazia stupendamente tra arie irlandesi e richiami ai Basament Tapes di Dylan and The Band. Suggestivo.
Analogamente a quanto accaduto per altre bands (mi vengono in mente I Low di The great destroyer) la scintilla per I Decemberist si è accesa con un disco che devia strutturalmente dalla cifra stilistica del gruppo. The king is dead spazia stupendamente tra arie irlandesi e richiami ai Basament Tapes di Dylan and The Band. Suggestivo.
#6. TOM WAITS – Bad as me
L'album numero ventidue della discografia di Mr. Waits potrebbe essere considerato un piccolo consuntivo delle diverse fasi della sua vita artistica. Certo, a prevalere sono le sonorità “rumoriste”, ma quanto affascinano le riproposizioni delle atmosfere jazz della seconda metà dei settanta. Se i diversi momenti di una giornata avessero una colonna sonora sarebbe di sicuro questa.
#5. RY COODER – Pull some dust and sit down
Un suntuoso ritorno alle origini. Tejano alla sua massima espressione (e come potrebbe essere altrimenti?) ma anche blues del delta, rock and roll, ballate in punta di slide guitar. Aggiungiamo la verve fortemente politica che contraddistingue i testi e il capolavoro è servito.
Un suntuoso ritorno alle origini. Tejano alla sua massima espressione (e come potrebbe essere altrimenti?) ma anche blues del delta, rock and roll, ballate in punta di slide guitar. Aggiungiamo la verve fortemente politica che contraddistingue i testi e il capolavoro è servito.
#4. THE BLACK KEYS – El Camino
Dal punto di vista dell’impatto complessivo questo è il vero disco dell’anno. Un’esplosione lungamente annunciata ma non per questo meno fragorosa e stupefacente. Un disco stratificato che riesce a coniugare immediatezza e profondità di campo.
Dal punto di vista dell’impatto complessivo questo è il vero disco dell’anno. Un’esplosione lungamente annunciata ma non per questo meno fragorosa e stupefacente. Un disco stratificato che riesce a coniugare immediatezza e profondità di campo.
#3. CAPAREZZA – Il sogno eretico
Forse non c’è neanche più da stupirsi sulle capacità di Michele, oggi probabilmente l’artista indipendente più ficcante che l’Italia abbia. Parafrasando il tema portante della title-track, a sto giro al rogo ci vanno chiesa,borghesia italiana, l’ex premier e… Kevin Spacey!
#2 HAYES CARLL – KMAG YOYO
Il fuoco brucia ancora! Dopo la folgorante scoperta di questo cantautore americano, riponevo molte aspettative nel nuovo lavoro (il quarto in carriera) dell’autore di She left me for Jesus. Forse in recensione ho (consapevolmente) esagerato affibigliandogli il range massimo, ma KMAG YOYYO resta comunque un magnifico lavoro in equilibrio tra folk, rock, country e grande songwriting.
#1: GANG – La Rossa Primavera
E' molto semplice. La Rossa Primavera è il disco che più ho ascoltato e più mi ha emozionato nel corso dell'anno. La fortuna di avere uno spazio indipendente è di potersene fottere di quelli che: "dài,i Severini sono bolliti"; "ancora La pianura dei sette fratelli?!?"; "ebbasta co' sta Resistenza!"; "ma,suvvia, è un disco di cover!". Anche nel 2011 La Lotta Continua.
inutile dire che c'è qualcuno che gioisce di tutte queste classifiche...anche se non sono io...
RispondiElimina