La trafila che seguiva la comunicazione del promoter del caso era quella di organizzarsi per le file davanti ai botteghini, prepararsi a passare ore e ore all'adiaccio, e infine sperare che tutti questi sforzi venissero premiati dalla conquista dell'agognato ticket dello show.
Davanti a questa premessa, provate ad immaginare in quale sconforto siano precipitati gli Springsteeniani nel 1996 (e poi nel 1997) quando, a seguito dello straordinario ritorno all'acustico di Bruce ( l'ultimo prima del trapianto di capelli) con l'album The ghost of Tom Joad, veniva annunciato anche in Italia un tour, non nei palazzetti o negli stadi, ma nei teatri.
Questa scelta (artisticamente legittima, dato il mood del concerto) faceva precipitare la capienza a poche migliaia di posti, e con essa sbriciolava, riducendola a numeri infinitesimali, la possibilità di avere accesso allo spettacolo. Spettacolo al quale, tra l'altro, i fans storici non potevano e non volevano in alcun modo mancare, data l'eccezionalità dell'evento. Un concerto acustico di Springsteen era un'intimità che ci sognavamo di notte e che ci faceva svegliare la mattina successiva bagnati per l'eccitazione
Senza pensarci due volte chiamo il negozio di Verona che mi conferma le disponibilità. Dico che arrivo da Milano e chiedo la cortesia di tenermi da parte anche solo un biglietto che tempo un paio d'ore sono lì. Col cazzo, mi rispondono. Non si può.
Devo andare lì personalmente, e anche in fretta, non ho alternative. Ci sarebbe anche il problema del lavoro, il mio turno inizia alle 12 e sono quasi le 10. Chiamo il capo e chiedo urgentemente un giorno di ferie inventandomi il classico nonno malato. Il mio boss (quello vero, non Springsteen) mi risponde come il bigliettaio di Verona. Faccio spallucce e mi immetto sulla A4 alla massima velocità consentita (non dal codice della strada, ma dalla mia vecchia Ford). Per le giustificazioni al lavoro ci sarà tempo e modi più avanti.
Gli dico, guarda che io sono di Milano, che faccio, vengo a Verona in macchina a prendere il pullman per lo Smeraldo? Sticazzi risponde lui. Vabè replico io. E compro due pacchetti completi per la modica somma di quasi trecentomilalire (che si vanno a sommare alla giornata di lavoro non pagata, a voler essere pignoli). Arrivato a quel punto comunque, niente avrebbbe potuto fermarmi.
Il secondo pacchetto lo prendo ad occhi chiusi per l'amico Patrizio, certo che nemmeno lui si voglia perdere il concerto della vita e anzi mi ringrazierà in eterno per questa chance che gli ho concesso senza sforzo alcuno da parte sua. A conti fatti, beh, sopravvaluto il suo affetto per Bruce. Quando lo chiamo e gli dico entusiasticamente che con la modica somma di centocinquantamilalire può avere il suo biglietto, mi risponde lapidariamente alla stessa maniera del bigliettaio di Verona e del mio capo (allora è un vizio!).
Ad ogni modo non sono preoccupato che mi resti tutto l'ambaradam in mano, con la febbre da ticket che si è scatenata, di certo il biglietto lo piazzo, alla più sporca il giorno stesso del concerto fuori dal teatro. Ad ogni buon conto, mi facilita le cose la Lisa. L'amico Christian (personaggio sulla cui fede Springsteeniana nessuno osa sollevare obiezioni) è rimasto senza tagliando e sarebbe ben felice di comprare il mio in eccesso. Affare fatto.
Nel tardo pomeriggio del giorno del concerto (11 aprile 1996) ci si trova fuori dallo Smeraldo e si regola la transazione. Più tardi, finalmente, io entrerò per occupare il mio agognato posto in platea, mentre Christian (Ciccio per gli amici) invece no. Ma...beh, questa è un'altra storia, e non posso essere io a raccontarla.
2 commenti:
to be continued?
Io la vorrei sapere la storia di Ciccio!!!!
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