Premetto che conosco i Goldfrapp solo di nome. Non li ho mai ascoltati in precedenza, ne ho mai avuto lo stimolo a farlo. Leggo su wikipedia che sono un duo inglese di musica elettronica (sarà per questo che istintivamente non mi stimolavano) composto da Will Gregory, produttore di colonne sonore, e Alison Goldfrapp, vocalist che prima di questo progetto aveva partecipato a lavori di Tricky e Portishead.
Dal 2000 a oggi hanno realizzato quattro dischi, il quinto è questo Head First, fresco di stampa.
Personalmente ci arrivo grazie alla segnalazione di un amico che mi consiglia di dargli un ascolto. Siccome mi aspetto roba pesa e un po’ ostica, elettronica trendy, ossessiva e monotona , sul mio viso si allarga un sorriso compiaciuto quando parte Rocket, la traccia numero uno. Un delizioso e armonioso pop con atmosfere eighties (inequivocabili le tastiere tipo Jump dei Van Halen e quel classico effetto di batteria), steso come un prezioso tappeto sul quale si adagia la voce angelica di Alison.
E’ solo l’inizio di un curioso viaggio in un sinuoso e anacronistico paese delle meraviglie, dove il mood è costante (esce un pò dagli schemi la conclusiva Voicething)e si traduce in brani dalla struttura semplice ma incisiva, leggiadri voli a planare, perle infilate in una collana un po’ fuori moda ma sempre affascinante da indossare.
Alive, Dreaming, Hunt, I wanna life sono sì revival, ma senza malizia, senza retropensiero. Suonano oneste e arrivano dritte allo scopo, riescono a stupire pur suonando già sentite. Così come tutto il lavoro. Un timing breve, meno di quaranta minuti, per una piccola, deliziosa sorpresa.
Dal 2000 a oggi hanno realizzato quattro dischi, il quinto è questo Head First, fresco di stampa.
Personalmente ci arrivo grazie alla segnalazione di un amico che mi consiglia di dargli un ascolto. Siccome mi aspetto roba pesa e un po’ ostica, elettronica trendy, ossessiva e monotona , sul mio viso si allarga un sorriso compiaciuto quando parte Rocket, la traccia numero uno. Un delizioso e armonioso pop con atmosfere eighties (inequivocabili le tastiere tipo Jump dei Van Halen e quel classico effetto di batteria), steso come un prezioso tappeto sul quale si adagia la voce angelica di Alison.
E’ solo l’inizio di un curioso viaggio in un sinuoso e anacronistico paese delle meraviglie, dove il mood è costante (esce un pò dagli schemi la conclusiva Voicething)e si traduce in brani dalla struttura semplice ma incisiva, leggiadri voli a planare, perle infilate in una collana un po’ fuori moda ma sempre affascinante da indossare.
Alive, Dreaming, Hunt, I wanna life sono sì revival, ma senza malizia, senza retropensiero. Suonano oneste e arrivano dritte allo scopo, riescono a stupire pur suonando già sentite. Così come tutto il lavoro. Un timing breve, meno di quaranta minuti, per una piccola, deliziosa sorpresa.
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