lunedì 24 novembre 2008

I giorni dell'ira


A diversi mesi dalla lettura del Dies Irae di Genna, cerco di raccogliere e mettere insieme le sensazioni che mi ha lasciato, cosa non semplice, se è vero che finora non sono riuscito mai a strutturare decentemente una reazione a quella lettura.

“Il Dies Irae”, così come lo chiama il suo autore, è un opera per certi versi monumentale. Un libro che ha richiesto a Genna una gestazione lunga una vita. Un faldone di appunti e correzioni in costante crescita, che a un certo punto avrebbe potuto anche non vedere mai la luce per eccesso di materiale.

E’ un libro doloroso, dopo le prime venti pagine sulla tragedia di Alfredino Rampi l’ho riposto e non l’ho più toccato per mesi, tanto mi aveva scosso la spietata ricostruzione di quella sofferenza di un’essere di pochi anni di vita. Il lavoro di Genna , per certi versi, non mantiene quello che promette, dal punto di vista del romanzo di denuncia storica, alla Ellroy o alla DeLillo (scusate, cito ancora loro in un post sull’autore italiano). Si ferma, non affonda, forse non può farlo. Semina dubbi a piene mani, non spiega, non completa la ricostruzione, alla fine forse non serve nemmeno, sappiamo fare uno più uno?

Il libro è diviso in quattro parti che si rincorrono. A fare da filo conduttore c’è Il Bambino, Alfredino Rampi, usato come strumento per depistare, come sliding door per cambiare strumentalmente la storia d’Italia. Dal suo ritrovamento in fondo al pozzo artesiano in poi, la politica, il malaffare, i primi articoli sulla P2 e Gelli, che cominciavano ad impregnare i media, sono state spazzate via, per molto tempo.


Poi c’è l’autobiografia di Genna, feroce e priva di autoindulgenza, che si intreccia con quella di Monica e della sua famiglia, borghesi benestanti milanesi e di Paola, tossica italiana dal passato agghiacciante che attraversa l’Europa come uno spettro gira una casa abbandonata in cerca di giustizia.

Non è un libro facile, e forse non è nemmeno un capolavoro, tutto sommato. Di certo leggendolo, ed entrando nella vita del suo autore, un po’ mi sono vergognato della mia recensione di Nel nome di Ismael, evidentemente troppo superficiale. Quel libro andrebbe riletto alla luce delle rivelazioni contenute in questo.

Qualcuno tra i lettori del blog ha questo tomo tra le mani, ma non trova il tempo o la predisposizione d’animo (serve anche quella, ve l’assicuro) per leggerlo. Peccato perché Il Dies Irae è uno di quelle forme d’arte verso la quale mi piacerebbe confrontarmi a lungo con compagni di lettura.








Qui trovate un intero sito dedicato al libro.



E qui tutto il primo capitolo.




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