lunedì 21 febbraio 2022

Agent Steel, No other godz before me (2021)


Premessa autobiografica. Com'è ormai universalmente riconosciuto, la prima metà degli anni ottanta è stata l'epoca più straordinaria e coinvolgente della musica metal. Certo, negli anni successivi è arrivata altra roba eccitante, la velocità di esecuzione dei pezzi si è quintuplicata, il metal è diventato mainstream eccetera eccetera. Però il primo lustro degli eighties ha rappresentato qualcosa di impareggiabile, una scossa (come ciclicamente capitano) della musica popolare, la nascita di un movimento, una cultura ancora oggi fortemente radicati. Il contraltare era che ascoltare (anche) l'heavy metal in quell'epoca, consultare le riviste specializzate che cominciavano a nascere, ed essere al contempo squattrinati era un vero tormento, laddove si leggeva di miriadi di band "grandiose" a cui, con la possibilità di comprare al massimo un disco al mese (non necessariamente di genere HM), e in assenza di "amici di metallo" in grado di rifornirci di cassette registrate, non era possibile avere accesso. 

Tra i combo cui avrei voluto dare una chance vanno annoverati gli Agent Steel, autori di due ottimi dischi speed/thrash tra l'85 e l'87 (Skeptics apocalypse e Unstoppable force), poi vittime di una lunga iato seguita da una prima reunion, senza il cantante originale (tre album, tra il 99 e il 2007), quindi ancora un inabissamento, e finalmente, grazie ad un contratto con la piccola ma effervescente etichetta inglese Dissonance Productions, l'ultimo comeback, stavolta per merito di  John Cyriis, il cantante brasiliano protagonista dei lavori ottantiani. E anche qui ce ne sarebbe da scrivere sul soggetto, un fanatico di fantascienza ed extraterrestri, al punto da avere, in passato, dichiarato di essere sopravvissuto ad un rapimento alieno.

Cyriis per l'occasione mette in piedi una formazione che sembra tanto l'incipit di una barzelletta, con un bassista giapponese (Shuchi Oni), una sezione di chitarre bulgaro (Nikolay Atanosov)/brasiliana (Vinicius Carvalho), e un batterista danese (Rasmus Kijaer). Il risultato di un così ardito patchwork? Una goduria! No other godz before  beneficia di una produzione semplice e di un suono vintage ed esaltante, sezione ritmica e chitarre da sturbo per tutti gli undici brani della tracklist (comprensivi di un intro e un outro) per una proposta speed/thrash che travalica i confini del tempo. E la voce? Beh la voce è profondamente divisiva. In un primo momento la fissa di Cyriis per il raggiungimento di ottave che tentano di arrivare là dove osano le aquile sfiora in qualche caso il comico involontario, poi con i successivi ascolti te ne fai una ragione, arrivando quasi a fartela piacere (quasi!). 
Il disco è il classico caso in cui il lavoro è un unicum da cui non è semplice estrapolare singoli pezzi, ma penso di non sbagliare se individuo in Crypts of galactic damnations, nella title track, in Sonata cosmica e Outer space connection gli episodi migliori.

Per vecchi e nuovi metallari.

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